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di DARIO SALVATORI «IL CANTO degli italiani», come Goffredo Mameli chiamò la sua creazione, ...

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Ne parlarono i giornali, il testo fece opinione, anche se all'inizio venne stampato solo su foglietti volanti. Il manoscritto originale arrivò al maestro Michele Novaro il 10 novembre affinché provvedesse a musicarlo. Il debutto dell'inno avvenne il 10 dicembre di quell'anno, ancora con il titolo originario, presentato ai genovesi e a tutti i patrioti. Furono proprio quest'ultimi a suggerire il nuovo titolo, «Fratelli d'Italia», che una volta adottato non venne più modificato. Un inno che negli ultimi tempi, grazie ad un generale risveglio d'interesse per le radici nazionali, è tornato quanto mai d'attualità. Ma c'è un piccolo giallo dietro a tutta la vicenda. Invece di «Fratelli d'Italia, l'Italia s'e' desta, dell'elmo di Scipio s'e' cinta la testa» l'Italia avrebbe potuto gorgheggiare sulle note di un altro famoso autore: Giacomo Puccini. Il musicista toscano, futuro autore di «Tosca» e «La Boheme», scrisse «I figli d'Italia bella». Quando la scrisse aveva solo diciannove anni ma la proposta di scrivere un inno fu molto chiara fin dall'inizio. Ora questa importante composizione del maestro lucchese è stata ritrovata dalla nipote Simonetta in una soffitta della villa di famiglia a Torre del Lago. Di più. Dopo un lungo lavoro di attenta ricostruzione durato anni, si è arrivati al completo recupero della partitura originale. L'inno era nato in occasione di un concorso locale dove però fu scartato, pare per la cattiva grafia con la quale era scritto e che rendeva la partitura pressoché indecifrabile. Scarsi gli elementi di vicinanza stilistica fra i due brani inni, semmai colpisce la giovane età degli artisti. Puccini aveva 19 anni, Goffredo Mameli 20, Michele Novaro 25. Una stagione felice e creativa per tutti, certamente non tale da far pensare che Mameli morisse giovanissimo, soltanto due anni dopo. Genovese come Mameli, il maestro Novaro compose l'inno velocemente, nel classico tempo di 4/4 in si bemolle, che in seguito qualche denigratore trovò troppo «da fisarmonica» e addirittura frivolo e paesano. Ma è un'obiezione che andrebbe estesa al novanta per cento degli inni nazionali in vigore in tutto il mondo, compreso quello bocciato di Puccini. Quello che non sapremo mai è stabilire il grado di cantabilità della composizione pucciniana. Il vero gradimento di «Fratelli d'Italia» arrivò dalla gente della strada che lo cantava a squarciagola, fin dai primi mesi, quando era addirittura mal tollerato dalle autorità piemontesi. Le bande lo suonarono a volontà dopo la dichiarazione di guerra all'Austria e i soldati in partenza per la Lombardia lo cantavano alzando i caschetti sulla punta delle baionette. Probabilmente questo rinato interesse per il misconosciuto tema pucciniano farà tornare d'attualità la «provvisorietà» dell'inno di Mameli, peraltro già tema di un fortunato libro di Marchetti-Maiorino-Zagami, «Fratelli d'Italia», edito da Mondadori. In realtà la scelta di "Fratelli d'Italia" è sancita dalla Costituzione, anche se di un presunto cambiamento se ne è più volte parlato. Negli anni Cinquanta venne addirittura bandito un concorso nuovo di zecca, con tanto di parolieri e compositori che si gettarono a capofitto nell'impresa, sperando chissà in quali vantaggi pubblicitari o economici. Non se ne fece nulla, un po' per il livello basso dei temi proposti dai concorrenti, un po' per la volgarità stessa della proposta. Una dozzina di anni fa lo stesso appello venne lanciato da Pippo Baudo in una sua trasmissione e venne fuori che un numero considerevole di italiani avrebbero gradito come inno nientemeno che «Azzurro» di Paolo Conte. Insomma, le velleità di cambiamento non sono mancate di certo in tutti questi anni, ma ancora non si e' giunti alla proposta di referendum. Però forse avremo una originale rivalità. Ora sta per arrivare il momento di ascoltare come si deve anche la misteriosa «I figli d'Italia bella». La sua prima esecuzione, molto attesa, è prevista per il 6 giugno nella cattedrale di Lucca, dove Andrea Bocelli si do

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