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Rubini scopre «L'anima gemella»

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Dopo essere stato presentato allo scorso Festival di Venezia, il film «L'Anima gemella», prodotto da Cecchi Gori e distribuito da Medusa, esce stasera nei cinema, per offrire uno scorcio del Sud, sospeso tra umori passionali, arcaici e magici. Rubini, come è nata l'idea del film? «Volevo raccontare una storia che fosse vagamente alterata, pervasa di un'ebbrezza che trasfigura la realtà. In un luogo non ben individuabile del Sud Italia, il desiderio si accende per conformarsi al richiamo di una tradizione arcaica. Sono andato da Starnone per proporgli di scrivere insieme una storia di ragazzi innamorati, che respirano tra vecchio e nuovo Sud, tra credenze magiche, violenze e sorrisi. E ci siamo subito capiti». Qual è il suo ruolo? «Ho realizzato una favola realistica che, attraverso il mito, narra la quotidianità. Una delle due ragazze, la bruna, si sente brutta e invidia l'altra, più angelicata, perché non si sente a suo agio con se stessa. Questo vuol dire che la bellezza è soprattutto interiore ed è quella che migliora anche i lineamenti esteriori. Nel film recito il ruolo del figlio della fattucchiera e, mio malgrado, riesco a sbrogliare gli intrighi, ma di fatto mi sento più legato ai due caratteri femminili, per una forma di nevrosi che da anni mi porto addosso. In particolare, la trama si pone come antagonista ai valori contemporanei, legati all'immagine: infatti, l'anima gemella non va cercata in base alla bellezza esteriore».

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