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LA PRODUZIONE POETICA DI BORGES

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Invece, nella prima parte della sua vita letteraria, egli fu anzitutto un fecondo poeta. E conviene leggerla la sua poesia, perché vi si incontra il Borges più intimo e segreto. Il grande scrittore argentino è vittima di un equivoco: lo si esalta come un prezioso stilista. In realtà, come si vede nei suoi versi, il contenuto è altrettanto importante, mosso da forti passioni che nutrono incessantemente la sua fantasia. Adesso abbiamo, pubblicata da Adelphi, una raccolta poetica molto estesa che risale al 1964, e quindi centrale nella produzione borgesiana: «L'altro, lo stesso» (traduzione di Tommaso Scarano, con testo originale a fronte). È come un manifesto dell'animo dell'autore, che non a caso avverte il bisogno di compilare un prologo in cui dichiara di preferire questo libro di versi agli altri, in un certo senso analizza il proprio tragitto letterario osservando che lo scrittore (cioè lui) all'inizio è vanitosamente barocco, per raggiungere poi la modesta e segreta complessità che recupera la magia originaria da cui nacque il linguaggio. Difatti l'immaginazione di Borges si estende su un magico orizzonte che comprende tutta la storia e tutte le storie, in un eterno presente che incombe nel ricordo, nella coscienza e nella conoscenza. Alcuni poeti hanno espresso ed esprimono il senso panico della natura; invece Borges manifesta invincibilmente il senso panico degli eventi umani che gli invadono il cuore. Egli è il cantore di fatti e personaggi mitici o veri che segnano il nostro passato, da Caino a Odisseo, dagli eroi sassoni agli eroi vichinghi e a quelli di Alamo, accanto ai quali spiccano come protagonisti anche i grandi filosofi, poeti, scrittori. La natura non è trascurata, ma è contemplata nella sua sacralità, come nella bella poesia sul mistero dell'acqua ove tra l'altro è rammentato il famoso fiume dell'India: si afferma che la sua acqua è sacra, e siccome «i mari ordiscono tra loro oscuri scambi/ e il pianeta è poroso, a ragione è possibile/ pensare che ogni uomo si è bagnato nel Gange». Il senso poetico della storia non sarebbe tipicamente borgesiano se non fosse costantemente sostenuto da un veemente senso epico che si sprigiona da quasi tutte le pagine (e pensare che Borges appariva così mite e gentile). L'oggetto che il poeta cita più spesso — ho calcolato — è la spada, un simbolo quasi animato della forza, del coraggio, della maestà eroica. Nella sfera dei sentimenti domestici l'amore riceve alti omaggi, a cominciare da una delle definizioni più emozionanti nella storia della letteratura: «ci permette di vedere gli altri/ come li vede Dio». E ancora, più intimamente, rivolto alla sua donna: «Ti posso dare la mia solitudine, le mie tenebre, la fame del mio/ cuore; cerco di allettarti con l'incertezza, con/ il pericolo, con la sconfitta». Il poeta si domanda anche quale sia la fonte dell'ansia che ci spinge alla conoscenza, e si dà una profonda risposta metafisica: è l'anima immortale. Un altro acceso sentimento si volge al patriottismo: «Nessuno è la patria, ma tutti lo siamo/. Nel mio petto e nel vostro arda, incessante,/ questo limpido fuoco misterioso».

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