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È l'anno dedicato al bene fondamentale per la vita. E invece se ne fa commercio

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Parole profetiche in questo 2003, proclamato anno internazionale dell'acqua. Un monito per un'opera di attenzione e salvaguardia, così come lo era stato l'anno appena conclusosi per la montagna. Durante la giovinezza della Terra, durante i primi miliardi di anni, non c'era acqua, gli oceani erano immense cavità sterili e secche, e i continenti apparivano come orridi deserti minerali. La vita è cominciata con l'acqua. Perché questa è essenziale, quasi quanto l'aria. E ora che l'acqua comincia pericolosamente a scarseggiare, l'umanità è a rischio. Le guerre dei prossimi decenni avranno una sola ragione: il controllo dell'acqua. Già oggi il vice-presidente della Banca Mondiale, Ismail Serageldin, intravvede contese mondiali a causa del prezioso liquido. Ma in realtà già oggi in Africa ci si uccide per l'acqua e non per il petrolio. Molte guerre, definite «di religione» o attribuite a scontri etnici, sono in realtà conflitti per il possesso di grandi sorgenti. Un rapporto accuratissimo e inquietante è stato preparato dalle Nazioni Unite in vista del Forum mondiale dell'acqua che si terrà a Kyoto, in Giappone, da domenica prossima, 16 marzo. Per l'Onu, l'acqua è senza alcun dubbio l'emergenza assoluta cui occorre far fronte. Siccome la desertificazione, cioè la mancanza crescente di acqua potabile, è una piaga che si diffonde anche nel mondo industrializzato, e in certi casi già lambisce la periferia delle metropoli, gli esperti dell'Onu hanno voluto disegnare una mappa planetaria che deve preoccupare tutti, mondo ricco e mondo povero. Tra i paesi in cui sono stati riscontrati motivi per un allarme acqua, non figurano soltanto quelli dell'Africa assetata. Il Belgio, per esempio, non è un paese a secco come le plaghe del Sahel ma per qualità dell'acqua, efficienza delle discariche e dei sistemi di depurazione, sta molto peggio di Marocco, India, Giordania e Sudan. E anche l'Italia non scherza. L'acqua del Bel Paese è meno pulita di quella dell'Iran, del Mali, delle Filippine e della Slovenia. Se nei corsi d'acqua di tutto il globo vengono riversate ogni giorno due milioni di tonnellate di rifiuti industriali, chimici e agricoli, non desta meraviglia il fatto che per ogni litro di acqua potabile utilizzato ce ne siano almeno otto avvelenati. Il rapporto Onu afferma che il venti per cento della popolazione mondiale non può procurarsi acqua potabile. Ogni anno oltre due milioni di persone muoiono per malattie provocate dall'acqua inquinata. E trecento milioni contraggono patologie croniche. È impossibile stilare l'elenco delle malattie che hanno origine dall'acqua inquinata. La febbre tifoide, il colera e la malaria sono le principali. Questo quadro si aggraverà in modo pauroso, nel prossimo futuro, quando - come prevede il rapporto Onu - la disponibilità di acqua potabile si ridurrà del trenta per cento. Per porre riparo in qualche modo a questa emergenza, occorrerebbe spendere risorse comprese tra i 50 e i 100 miliardi di dollari, fanno sapere gli esperti dell'Onu. L'acqua diminuirà anche a causa degli sconvolgimenti climatici. La temperatura sta salendo per via dell'effetto serra. Era cresciuta di 0,6 gradi ogni cento anni ma, negli ultimi 25 anni, si è avuta un' impennata del 300%. Oltre a un «grande caldo», il futuro riserva una diminuzione delle piogge e fenomeni sempre più estesi di desertificazione in aree come l'Italia meridionale. Tra gli scenari previsti, quello di un'Italia dei deserti è il più probabile. Le zone aride, semiaride e sub-umide secche che tendono a trasformarsi un aree degradate occupano oggi il 60% della Puglia, il 54% della Basilicata, il 47% della Sicilia e il 31,2% della Sardegna. Come prevenire o ridurre l'impatto con la mancanza crescente di acqua? Un recente studio Enea-Eni suggerisce di affrontare il grande secco con rigorosi programmi pluriennali. Servono invasi, dissalatori, une rete di distribuzione

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