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"Covid 19 può colpire il cervello anche dopo". I sospetti dei giovani neurologi italiani

Maria Grazia Coletti
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Covid 19 può colpire il cervello, il sistema nervoso centrale e periferico e i muscoli, non solo perdita di gusto e olfatto durante la fase acuta ma ictus, encefaliti, dolori e stanchezza muscolare molto intensa in pazienti usciti dal tunnel della malattia. Dopo la sindrome di Kawasaki un nuovo allarme sulle conseguenze del Coronavirus arriva con una "Letter", indirizzata e pubblicata dalla rivista internazionale "Neurological Science", a firma dei giovani medici specializzandi italiani in neurologia dell' Università degli Studi di Milano, la cui scuola di specialità, diretta dal professore Vincenzo Silani, rappresenta una importante testimonianza del fatto che le nuove generazioni di neurologi saranno pronti ad affrontare operativamente le eventuali espressioni di neurologica clinica del Covid-19.  Ecco cosa scrivono. "Il Covid-19 impegnerà ancora per lungo tempo. E impegnerà le varie specialità mediche nel curare i pazienti usciti dal tunnel della malattia acuta. In certi casi, infatti, la malattia da Coronavirus può avere conseguenze neurologiche: i sintomi più noti, di cui tutti abbiamo sentito parlare, sono ad esempio la perdita del gusto e dell'olfatto. Segni che indicano appunto un interessamento del sistema nervoso. Ma sono stati segnalati fenomeni anche più gravi come ictus, encefaliti, dolori e stanchezza muscolare molto intensi".   Conseguenze neurologiche del post-covid su pazienti guariti che però dovranno continuare a essere monitorati, sintetizza la dottoressa Narghes Calcagno, autore della Letter con altri sei  specializzandi in formazione presso l'Istituto Auxologico, che, dopo un lungo periodo di studio presso la Harvard Medical School di Boston, ha deciso di ritornare in Italia ed iniziare qui il periodo formativo clinico affidato alla neurologia dell'Irccs Istituto Auxologico Italiano. L'appello. «La consapevolezza che Covid-19 può avere un' espressione neurologica deve essere condivisa dal mondo neurologico e le nuove generazioni di specializzandi sono chiamate ad affrontare una inedita patologia – afferma Narghes Calcagno – che ci preannuncia un nuovo mondo anche dal punto di vista sanitario. Molti di noi si sono tra l'altro offerti volontariamente per assistere i pazienti affetti da Covid-19 anche nei primi anni di formazione in Scuola di specialità per vivere in prima persona questa tremenda esperienza".   Cosa potrebbe accadere nel cervello. "Suscita particolare rilevanza clinica l'interpretazione delle manifestazioni neurologiche nel singolo paziente, legate in parte alla invasione attraverso le vie nasali, la co-espressione dell'ormai noto recettore ACE2, sia nel polmone che nel sistema nervoso, quale recettore per il Covid-19 e la condivisa catena infiammatoria che potrebbe perpetrare anche nel sistema nervoso i danni di rilievo polmonare" spiega Narghes Calcagno.   Il sospetto. Ciò che i neurologi sospettano è che il Coronavirus, in taluni casi complicati, non esaurisca il suo danno nella malattia acuta, ma possa invece avere conseguenze sul sistema nervoso a distanza di tempo, come del resto capita anche con altre tipologie di virus. «La patologia cerebrovascolare nel Covid-19 – dice Vincenzo Silani, professore ordinario di neurologia dell'Università degli Studi di Milano e direttore della UO di Neurologia dell'Irccs Istituto Auxologico Italiano di Milano – come la patologia del nervo periferico deve essere reinterpretata e vi è una reale possibilità che i pazienti affetti da Covid-19 debbano essere seguiti nel tempo per escludere la possibilità di complicanze tardive, in particolare di malattie neurodegenerative. I pazienti riferiscono spesso mialgie ed anche il muscolo scheletrico potrebbe rivelare qualche sorpresa nel corso del tempo". Per questo "Ho chiesto agli specializzandi in Istituto di redigere la Letter – spiega Vincenzo Silani, – per testimoniare il loro interessamento per questa nuova neurologia che forse ci accompagnerà negli anni, legata a pandemie con nuovi agenti virali ed interessamento su più organi, compreso il sistema nervoso".    "La maggiore soddisfazione personale rimane comunque - conclude  Vincenzo Silani -  constatare l'impegno delle nuove generazioni di specializzandi in neurologia che hanno rapidamente captato l'interesse di questa nuova pagina della medicina e si sono apprestati ad affrontarla con giovanile determinazione". Auxologico, la storia. Fondato nel 1958, superati i 60 anni di attività, l'Istituto Auxologico Italiano è un IRCCS (Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico) presente in Lombardia e Piemonte con 11 strutture ospedaliere, diagnostiche e poliambulatoriali e un importante Centro Ricerche e Tecnologie Biomediche (sede in cui operano oltre 150 tra medici, ricercatori, biologi e personale tecnico). Come Fondazione senza scopo di lucro ha acquisito una conclamata esperienza nella ricerca biomedica, nella diagnostica, nell'assistenza sanitaria di alta specializzazione, nella cura e nella formazione. Disponendo di tecnologie e strumentazioni all'avanguardia, gli ambiti di eccellenza della ricerca clinica di Auxologico sono rappresentati dal campo endocrino-metabolico,  neurologico, neuroscientifico,  cardiovascolare, riabilitativo e genetico. I traguardi raggiunti in tali campi ricevono ogni anno oltre 300 pubblicazioni scientifiche. L'impegno costante nella ricerca applicata, condotta da medici e clinici universitari di fama internazionale, gli consentono di offrire ai circa 1.300.000 pazienti annui percorsi diagnostici, terapeutici e riabilitativi di eccellenza. Al centro dell'interesse scientifico e clinico  di Auxologico vi è lo sviluppo della persona nell'arco delle sue diverse fasi di vita: l'uomo, dal concepimento all'età matura, lungo un percorso di crescita armonica ed equilibrata. 

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