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Ritorno alla libertà

A Roma e nel resto del Paese gli italiani si riprendono un po' di vita e di felicità troppo a lungo negata

Franco Bechis
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Davanti a Fontana di Trevi, un padre e un bimbo. Poi qualche ciclista alla spicciolata, e via con i telefonini a scattare foto. Dopo un po' diventano forse troppi e da soli si distanziano per il piacere del vigile urbano che si stava avvicinando volendo chiedere di non fare assembramenti. Ma quando il bimbo allarga le braccia e implora qualche secondo di più: «Noi romani la Fontana di Trevi così bene non l'abbiamo mai vista», anche il pizzardone sorride e gliela lascia godere. Quasi ovunque nella capitale è così: si sta tornando a respirare la vita e qua e là ci si prende qualche ragionevole libertà non prevista dai vari dpcm e ordinanze del governo centrale e degli enti locali. E anche le forze dell'ordine capiscono e non calcano la mano. In un paio di ore nel centro di Roma ho visto finalmente gente in giro, anche qualche turista che parlava la sua lingua con i familiari con cui andava a spasso (a Fiumicino atterrano comunque migliaia di passeggeri ogni giorno, e qualcuno poi diventa ospite dei B&B della capitale).  Per approfondire leggi anche: Negozianti e partite Iva protestano Pochi locali aperti con le nuove regole, ma qualcuno c'è. E nessuno a chiedere autocertificazioni o fare interrogatori sul perché e sul per come si trovavano a spasso. In piazza Navona quasi tutte le panchine di marmo erano occupate da coppie allegre ed estasiate dalle luci del tramonto e dalla bellezza così nuda e finalmente riconquistata. Qualcuno aveva in mano un bicchiere per un «aperitivo da asporto», e tre o quattro ragazzi lo sorseggiavano in allegria seduti intorno a un gruppo di tavolini distanziati, ma comunque lì in piazza. Lo so, questo racconto infila in poche righe una violazione dietro l'altra degli ennesimi dpcm, ordinanze e codicilli sfornati dai nostri amministratori azzeccagarbugli. Ma si chiude un occhio, perché ogni piccola trasgressione è compiuta con ragionevolezza mentre ragionevole non è davvero più tanta privazione di libertà (oltre che di reddito) causata da quelle norme. Questo paese è assai più maturo e intelligente di chi lo governa. Da qualche ora sta finalmente tornando alla vita con grande giudizio e responsabilità. Chi lo osserva e dovrebbe castigarlo, lascia fare con una saggia tolleranza che viene meno solo quando qualche rischio di troppo si sta correndo. A vedere i romani in queste ore viene proprio in mente che il modo migliore in cui possono essere governati è quello di fare a meno di qualsiasi tipo di governo: sanno cavarsela assai meglio da soli che con qualcuno che fornisce ogni giorno qualche precetto spesso improprio e che quando decide di darsi da fare complica solo la vita degli altri con danni anche irreparabili. Trovo molta più saggezza per strada fra gente comune che nei palazzi della politica dove sono impegnati a intralciarsi da soli. Un vigile commosso mi spiega che molte botteghe che potevano essere aperte non lo saranno più, «ed è un dramma vero, pensi a quelle famiglie che ora sono in strada. Bisognerebbe fare di tutto per aiutarle a riaprire, perché è una ferita per tutta la città». Non lo capiscono dove prendono le decisioni importanti, sono ciechi e sordi davanti alla realtà come abbiamo cercato di raccontare in questi giorni. Fino a provocare piccole e assurde vicende personali. Ieri sera ne ho viste due in tv nel programma di Mario Giordano e non volevo quasi crederci. La storia di una addetta alle mense scolastiche di Moncalieri, in provincia di Torino, che ha visto depredata dai conguagli fiscali la sua ultima busta paga - quella di febbraio - che le ha lasciato 3 euro per vivere. E da allora attende la cassa integrazione che però non è arrivata né a marzo né ad aprile. Evidentemente pensano che possa vivere di aria. L'altra storia è quella di un giovane padre purtroppo vedovo, con un bimbo piccolo nella periferia di Milano. La sua bottega è stata chiusa dai dpcm di Giuseppe Conte ed è diventato difficile vivere. Alla disperazione ha fatto domanda all'Inps per avere i famosi 600 euro di marzo. E poco dopo la metà di aprile li ha davvero ricevuti sul suo conto. Un aiuto per fare mangiare il bimbo. Quattro giorni dopo però con efficienza degna di migliore causa, quel giovane padre vedovo ha ricevuto una comunicazione dell'Inps in cui si diceva che i 600 euro gli erano stati accreditati per errore, perché non ne aveva diritto essendo titolare di una pensione di reversibilità della moglie tragicamente scomparsa: quindi andavano restituiti. Quella pensione di reversibilità in effetti esisteva, e ammontava a 109 euro al mese. Con grande dignità quel papà ha riaccreditato all'Inps quei 600 euro il 27 aprile scorso. C'è davvero poco da aggiungere: questo è il volto dello Stato italiano in un momento così.

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