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Genitori al lavoro e scuole chiuse. Il rebus spaventa la metà delle famiglie

Secondo una ricerca il 53% senza piano B. Bonus e congedi insufficienti

Davide Di Santo
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Si torna al lavoro ma le scuole restano chiuse. La Fase 2 della crisi coronavirus mette in difficoltà le tantissime famiglie con bambini che si trovano a riprendere la loro attività lavorativa fuori da casa mentre asili e scuole non riapriranno fino a settembre e forse anche oltre. Senza l'ausilio dei centri estivi. E anche senza nonni, dal momento che le persone anziane sono quelle più a rischio. Un termometro importante per capire lo stato d'animo delle famiglie e il modo in cui queste si stanno organizzando è la ricerca condotta da ​Yoopies, una piattaforma online internazionale di incontro fra domanda e offerta di assistenza all'infanzia e servizi alla famiglia come baby sitter, tate ed educatori. Per approfondire leggi anche: Conte e la Fase 2: riaperture differenziate da nord a sud "Dai dati emersi dallo studio Yoopies, durante il confinamento in circa l'87% dei nuclei familiari analizzati almeno uno dei due genitori è potuto rimanere a casa, potendosi quindi occupare dei bambini. Solo nel 13% dei casi, entrambi i genitori hanno continuato a lavorare fuori casa, in quanto lavoratori dei settori essenziali. Analizzando poi ​l'orizzonte temporale post confinamento, dal 4 maggio ​in avanti, vediamo come le famiglie prese in esame si dividano in due gruppi: il​ 53%​ in cui ​entrambi i genitori dovranno tornare a lavoro;​ il 47% in cui uno dei due genitori potrà rimanere a casa con i bambini, lavorando in smart working o senza lavorare causa sospensione dell'attività lavorativa. Senza asilo e scuola, famiglie senza piano B. Per i genitori che dovranno tornare al lavoro fuori casa, fra le soluzioni per la gestione e la cura dei figli emergono: il ricorso ad una baby sitter (50%); l'aiuto di amici e parenti (30%). Rimane fuori il 20% dei genitori che dichiara di non aver ancora trovato una soluzione e ​di star pensando all'estrema possibilità di sospendere ulteriormente la propria attività lavorativa (pesando ancora di più sul bilancio familiare già messo in crisi dal confinamento). I genitori single i più esposti. “Non potendo permettermi per tutto il tempo babysitter ed essendo madre single non so come organizzarmi”,“L'unica possibilità è che io, la mamma, negozi con la mia azienda un periodo di congedo non pagato”, “Non sappiamo davvero a chi lasciare i bambini, questo è un problema” sono alcune delle testimonianze raccolte dalla piattaforma. In generale e sul lungo periodo, nonostante i comprensibili timori legati al virus e al rischio di contagio, il 67% ​dei nuclei familiari analizzati ​vede la baby sitter come l'unica soluzione possibile per avere la possibilità di riprendere l'attività lavorativa. Soprattutto escludendo la possibilità di iscrivere i bambini ai centri estivi che normalmente supportano i genitori durante la chiusura delle scuole. Inoltre, ​il 48% dei genitori ha già richiesto o intende richiedere il Bonus baby-sitting emergenza COVID-19 valutandolo, però, insufficiente per coprire la reale esigenza legata all'emergenza: trovare una soluzione sostenibile di assistenza all'infanzia nei prossimi mesi. Ma "il Bonus non copre nemmeno un quarto delle spese da sostenere per due bambini tenuti 8 ore da una baby Sitter per 5 giorni alla settimana per i prossimi 5 mesi - commenta Yoopies in una nota - Si tratta di emergenza da marzo a settembre. 600 euro coprono solo un mese e il bonus baby sitter non è cumulabile con i 15 giorni di congedo parentale straordinario, che sono comunque pochissimi". Inoltre "L'aiuto dello stato dovrebbe essere ridurre le rette dell'asilo, il costo dei pannolini e articoli indispensabili per la prima infanzia, garantire iniziative per le famiglie, pulire e monitorare i giardini pubblici dedicati ai bambini”

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