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Caos certificati medici a scuola. Nel Lazio non serve: ma fate chiarezza

Il ministro dell'Istruzione Lucia Azzolina

Appello al governo del presidente della Federazioni pediatri italiani, Paolo Biasci. L'obbligo di presentare il certificato medico a scuola solo per assenze superiori a 5 giorni

Valentina Conti
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Esplode il caos certificati sui rientri a scuola. A lanciare l'allarme ieri l'altro erano stati alcuni medici del Lazio, e del resto che la confusione regnava sovrana si era notato già dalle segnalazioni che ingolfavano la chat dei presidi. «I nostri studi sono affollati anche di genitori e bambini sani per la richiesta di adempimenti burocratici che non garantiscono alcuna protezione. Ogni Regione sta interpretando a modo suo l'articolo dedicato ai certificati medici per la riammissione a scuola contenuto nell'ultimo DPCM sul Coronavirus. Così si mettono in difficoltà le famiglie costrette dalle scuole a chiedere ai pediatri di cure primarie di attestare l'assenza di malattia». La denuncia arriva per bocca del Presidente della Federazione Italiana Medici Pediatri, Paolo Biasci, alle prese con centinaia di segnalazioni dalla rete delle cure primarie, in prima linea nell'emergenza Coronavirus. «Chiediamo, pertanto – aggiunge Biasci - che il Ministero dell'Istruzione, d'intesa col Ministero della Salute, spieghi con chiarezza, in una circolare, che fino al 15 marzo la riammissione a scuola potrà avvenire senza certificato medico in tutte le Regioni in cui non è stata sospesa l'attività scolastica, fatte salve le assenze superiori a 5 giorni per malattie infettive soggette a denuncia». L'ansia è pure altrove. Serpeggia preoccupazione negli ambienti dell'Università di Cassino dove, secondo indiscrezioni, studierebbe la nipote della donna di Cremona risultata positiva, primo caso di Coronavirus a Formia. Nella Capitale, intanto, non si arresta la psicosi. L'allarme risuona dagli esercizi commerciali alle chiese e agli altri luoghi di grande assembramento, in una città svotata fin dal mattino presto. E i discorsi di famiglie e docenti si fermano sull'ipotesi scuole chiuse anche nell'Urbe se la situazione dovesse degenerare. Per ora non ci sono avvisaglie, ma si segue tutto con attenzione. Dietro l'angolo, attenendosi alle direttive istituzionali, c'è la possibilità di puntare sulle lezioni a distanza per non far perdere giorni ai ragazzi. E qui si apre un capitolo sfaccettato. Il Lazio è pronto? I dati in circolazione sull'approccio tecnologico alla scuola non fanno tirare di certo un respiro di sollievo. Immortalano un divario "di rete" legato soprattutto al differente utilizzo didattico, che va crescendo con l'età degli studenti. Sono il 77,1% le strutture scolastiche della regione che hanno una copertura completa di rete telematica in tutti gli spazi, di cui l'85,3% delle superiori, il 79,3% delle medie e il 80,5 delle elementari, secondo l'indagine a cura dell'Osservatorio "Osservare Oltre" per l'Associazione Nazionale Presidi (ANP) Lazio presentata nell'ultimo convegno eduIA - educazione Intelligenza Artificiale a Roma. Numeri che ricalcano il trend nazionale facendo il paio con lo scenario generale in cui gli istituti coperti con banda ultra larga sono circa il 13%, a fronte di una copertura a livello nazionale che si aggira sul 72%. E dove le scuole elementari con una connessione con velocità superiore ai 30 Mbps sono quasi l'11%, dato che si spinge al 13,9% nel caso delle medie e ad oltre il 26% nelle scuole superiori.

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