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Terremoto, il paradosso dei permessi: la ricostruzione è un'odissea

Il terremoto di magnitudo 6.5 tra Marche e Umbria

Il paradosso dei permessi per i lavori post terremoto: non rinnovato il contratto agli addetti alle pratiche. E tutto parte da capo

Carlantonio Solimene
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Incertezza normativa, lungaggini burocratiche, organici ridotti all'osso. Ricostruire, nelle zone colpite dai terremoti che devastarono il centro Italia tra 2016 e 2017, è un'odissea. E la vicenda di Onelio Cingolani, che abitava nel centro storico di Tolentino, in provincia di Macerata, è la dimostrazione di come in Italia si renda complicato anche quello che non dovrebbe esserlo. Cingolani è un dottore agronomo, la sua famiglia possiede due abitazioni a Tolentino, compresa quella in cui vive. Entrambe sono dichiarate inagibili dopo la scossa del 30 ottobre. Sempre a ottobre, ma nel 2019, conclude l'iter amministrativo per ottenere il permesso per avviare i lavori. In primis era passato per la conformità urbanistica. Poi era arrivato il secondo step: l'istruttoria dell'ufficio tecnico. Infine la pratica arriva all'Ufficio speciale per la ricostruzione. E, per ottenere i fondi per la ricostruzione, le viene assegnata una corsia preferenziale, perché la casa di Cingolani è adiacente a un'altra abitazione che ha già ottenuto i permessi ma non può essere ristrutturata se prima, appunto, non viene sistemata l'abitazione dell'agronomo. È qui che cominciano le difficoltà. Perché il funzionario incaricato di seguire il progetto, dopo aver studiato tutto l'iter, a un certo punto si ferma, perché in attesa che gli sia rinnovato il contratto. Si spera si tratti solo di una piccola attesa, e invece no. Ieri Cingolani scopre che il rapporto di lavoro di quel funzionario non è stato rinnovato. La sua pratica passerà a qualcun altro, che dovrà studiare il dossier da capo. Nel frattempo, i permessi per la ricostruzione dell'appartamento adiacente stanno per scadere. Accadrà a febbraio, a meno di una proroga. Un caso isolato? Non si direbbe, stando alle parole di Cesare Spuri, direttore dell'Ufficio regionale per la ricostruzione nominato dalla Giunta marchigiana nel 2017: «Se non si aumentano i numeri dei professionisti - ha detto giorni fa alla Rai - noi continueremo ad avere 60 progetti a settimana, che vuol dire 3.000 progetti l'anno e quindi 10 anni solo per la presentazione dei progetti». E ancora: «È dall'inizio che lavoriamo con il 50% del personale che la legge prevede». Senza contare i problemi per l'economia locale: «Le imprese vengono pagate con 6/7/8 mesi di ritardo dalla fine dei lavori» ha detto ancora Spuri, «chi volete sia disponibile a queste condizioni?». È questo il quadro nelle aree del cratere a due anni dal sisma e mentre il ministro per le Infrastrutture Paola De Micheli, già commissario per la Ricostruzione, sostiene in tv che gli agricoltori non presentano le domande per la ricostruzione «perché vogliono trasferirsi sulle coste». «Gli agricoltori 70enni - commenta amaramente Cingolani - magari il mare non l'hanno mai visto in vita loro, figuriamoci se vogliono trasferircisi da vecchi...».  

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