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Beffati i genitori di Marco Vannini, tasse sul risarcimento che non c'è

Angela Di Pietro
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Oltre al danno (non quantificabile), la beffa. I genitori di Marco Vannini, un bravo ragazzo di Cerveteri ucciso in circostanze ancora non chiare nell'abitazione del “suocero” Antonio Ciontoli a Ladispoli, sono stati chiamati a pagare le tasse per un risarcimento non ancora arrivato. La “beffa” di cui si scrive non ha alcuna rilevanza davanti alla tragedia che si è consumata nella notte tra il 17 ed il 18 maggio 2015 ma vale la pena riferirne i termini. Per approfondire leggi anche: Ciontoli: ho sparato io. E i legali dei Vannini: disgustati dalla Leosini Contro Antonio Ciontoli, sottufficiale della Marina, la moglie Maria Pezzillo ed figli Federico e Martina (all'epoca fidanzata di Marco Vannini) si sono espressi i giudici di Primo e Secondo Grado. La pena, in Appello, è stata diluita a cinque anni per il capofamiglia. Sul fronte civile, il “Tfr” di Ciontoli è stato congelato perché sarà probabilmente utilizzato per risarcire i genitori di Marco. Tuttavia ai Vannini non è arrivato un centesimo. Non solo. «Lo Stato non regala nulla ai genitori di Marco - ha spiegato l'avvocato che li tutela, Celestino Gnazi - dal momento che hanno dovuto anticipare le imposte pagando all'Agenzia delle entrate il modello F24 a titolo di tassazione per un provvedimento del giudice legato all'esecuzione relativo al pignoramento dello stipendio e del Tfr di Antonio Ciontoli». Intanto “Le Iene” rendono note alcune intercettazioni registrate dagli investigatori durante l'inchiesta ancora sovraccarica di (troppi) interrogativi. Ecco una delle tante. «Dovremmo lasciare il conto che abbiamo a nome di mio marito e aprirne un altro intestato a me su cui portare i nostri soldi». A pronunciare queste parole è Maria Pezzillo, la moglie di Antonio Ciontoli, intercettata il 27 maggio 2015, esattamente a dieci giorni dalla morte di Marco Vannini. Il ragazzo appena 20enne è morto per un colpo di pistola partito nella casa dei Ciontoli a Ladispoli. Di “quella” sera maledetta, dello sparo che «per sbaglio» ha ammazzato un figlio, un ventenne, un ragazzo che aveva una vita davanti, non si è capito granché. Ciontoli riferisce infatti di aver ferito il genero per errore, mentre il giovane faceva il bagno. Vannini venne colpito nell'abitazione in cui viveva l'intero clan: il militare, la moglie Maria Pezzillo, i figli Federico e Martina, appunto. I soccorsi furono chiesti con un'ora e mezzo di ritardo: prima fu detto che Marco era inciampato, poi che aveva avuto un attacco di panico, infine che si era ferito con un pettine. Intanto lui gridava disperato invocando la madre. Solo una volta arrivato al Pronto Soccorso, Ciontoli senior comunicava che il giovane fidanzato della figlia era stato ferito (a morte) per sbaglio da un colpo di pistola. Troppo tardi, Marco Vannini moriva senza che la madre avesse potuto correre per tempo in suo soccorso. A fronte delle richieste del pubblico ministero, in Primo Grado, che aveva proposto per tutti la condanna con l'ipotesi di reato di omicidio volontario (e per la fidanzata di Federico Ciontoli due anni per omissione di soccorso), la sentenza ha smorzato di fatto i toni di questa morte inaccettabile. Antonio Ciontoli è stato condannato a 14 anni per omicidio volontario: moglie e figli a tre per omicidio colposo, assolta (assolta) la fidanzata del giovane Federico. Tutti personaggi presenti nella villetta di Ladispoli la sera dell'omicidio.

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