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L'assessore e il voto mafioso

Roberto Rosso finisce in carcere e si dimette dalla giunta del Piemonte. Avrebbe pagato per le preferenze

Angela Barbieri
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Voto di scambio ed evasione fiscale. Le mani dell'ndrangheta si allungano sul Piemonte coinvolgendo anche un assessore regionale. C'è infatti anche Roberto Rosso, 59 anni, avvocato, esponente di Fratelli d'Italia, tra gli otto arrestati per scambio elettorale politico-mafioso, nell'ambito dell'operazione Fenice portata avanti dalla Guardia di finanza di Torino, con il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia. Secondo l'accusa, Rosso avrebbe chiesto voti ai clan per essere eletto in Regione nelle elezioni del 26 maggio scorso, vinte dal centrodestra: esponenti dei clan mafiosi gli avrebbero chiesto 15mila euro in cambio della promessa di un «pacchetto» di preferenze. Dalle carte risulta che lui ne avrebbe pagati una prima tranche da 7.900 euro. Nei suoi confronti è scattata una misura di custodia cautelare in carcere. Il «patto di scambio» sarebbe stato appurato grazie ad intercettazioni e immagini fotografiche che certificherebbero gli incontri del politico con gli esponenti della 'ndrangheta. Rosso si è dimesso da assessore con una lettera inviata dal carcere direttamente al governatore del Piemonte Alberto Cirio. La leader di FdI, Giorgia Meloni, ha subito preso provvedimenti: «La permeabilità della politica italiana alla 'ndrangheta è un problema serio, che non risparmia nessuno, anche noi. Mi auguro che si tratti di un errore. Ovviamente, fin quando questa vicenda non sarà chiarita, Rosso è da considerarsi ufficialmente fuori da Fdi». In manette è finito anche l'imprenditore Mario Burlò, 46 anni, di Moncalieri, presidente di Oj Solution, un consorzio di imprese che opera nel settore del facility management. È anche vicepresidente nazionale di "Pmi Italia", associazione che riunisce 200mila imprenditori in tutta Italia. È molto conosciuto anche nell'ambiente sportivo, come sponsor di attività. Per lui l'accusa è di concorso esterno in associazione mafiosa. Nella medesima operazione infatti sono stati sequestrati milioni di euro su 200 tra imprese, immobili e conti correnti in Piemonte, Lombardia, Toscana, Lazio, Campania, Sicilia e Sardegna: il sequestro costituisce lo sviluppo dell'operazione Carminius che aveva già portato ad arresti per 'ndrangheta a Carmagnola e Torino nel marzo scorso. Le indagini successive hanno messo in luce ulteriori figure di spessore criminale, tra cui Onofrio Garcea e Francesco Viterbo, che hanno riorganizzato gli assetti del sodalizio criminale, intessendo rapporti proprio con Burlò. Dalle carte emerge come l'imprenditore, con il costante sostegno dei membri della cosca, abbia attuato un sistema di evasione fiscale attraverso la creazione di più società, formalmente non riconducibili a lui stesso, tramite cui compiere indebite compensazioni Iva ed ottenere in tal modo considerevoli profitti. In questo modo avrebbe accumulato 16 milioni di euro. Recentemente Burlò aveva comprato la villa del calciatore Arturo Vidal, estraneo ai fatti, ieri posta sotto sequestro, insieme ad altre prestigiose proprietà, quali una decina di appartamenti nel resort Geovillage di Olbia e alcuni ristoranti e bar del capoluogo torinese.

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