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Chiesto il processo per Fini e i Tulliani

Valeria Di Corrado
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La versione di Gianfranco Fini raccontata nell'ultimo interrogatorio di novembre non ha convinto i pm. La Procura di Roma resta dell'idea che l'ex leader di An fosse a conoscenza della provenienza dei soldi transitati sui conti correnti dei suoi familiari. Per questo ha chiesto il suo rinvio a giudizio per riciclaggio trasnazionale. La stessa accusa viene contestata alla compagna, Elisabetta Tulliani, al suocero, Sergio Tulliani, e al cognato, Giancarlo Tulliani, ancora latitante a Dubai. L'"intesa stretta" con il "re delle slot" Francesco Corallo, accusato di non aver pagato allo Stato italiano 85 milioni di euro di tributi erariali, e il non essersi dissociato dalla posizione della compagna, sta portando l'ex presidente della Camera verso un'aula di Tribunale. Oltre all'imprenditore catanese rischiano di finire a processo, con l'accusa di associazione a delinquere finalizzata al peculato, al riciclaggio e alla sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, anche Amedeo Laboccetta, ex deputato del Pdl; Alessandro La Monica e Arturo Vespignani, che si sono alternati al posto di Laboccetta come procuratori per l'Italia dell'Atlantis World Giocolegale Ltd (poi diventata B Plus Giocolegale Ltd e ora Global Starnet Ltd), Rudolf Baetsen, braccio destro di Corallo. Secondo quanto sostenuto dal procuratore aggiunto Michele Prestipino e dal sostituto procuratore Barbara Sargenti, l'associazione a delinquere avrebbe trasferito, tra il 2008 e il 2014, "circa 150 milioni dai conti correnti della stabile organizzazione in Italia (Atlantis-B Plus Giocolegale) verso conti correnti inglesi di altre società del gruppo Corallo, e, successivamente, verso conti correnti di società offshore accesi a Saint Maarten, Curaçao e Santa Lucia", sempre riconducibili a Corallo, che poi li avrebbe reinvestiti acquistando immobili e casinò nelle Antille olandesi. I reati contestati agli indagati, secondo il gip Simonetta D'Alessandro (che aveva firmato l'ordinanza di custodia cautelare di dicembre 2016), “avrebbero connotato un'intera fase politica, toccando in profondità l'ordinamento economico dello Stato”. Sono crimini che descrivono i primi anni di vita (2004-2009) di un'impresa concessionaria di gioco legale, l'Atlantis World, “inserita in una macrostruttura criminale dedita a indirizzare flussi illeciti e sistematici di ingenti somme di denaro verso l'estero”, dapprima all'interno del gruppo e poi verso terzi completamente estranei, come la famiglia Tulliani. Una parte dei soldi sottratti da Corallo attraverso un intricato giro societario, sarebbero finiti in tre off shore: Printemps Ltd, Timara Ltd e Jayden Holding Ltd, riferibili ai fratelli Tulliani. Una di queste società schermate, la Printemps, era stata utilizzata per far comprare a Giancarlo a soli 300 mila euro il famoso appartamento di boulevard Princesse Charlotte, a Montecarlo, donato ad Alleanza Nazionale dalla contessa Colleoni.  Settanta metri quadrati poi confluiti in un'altra società off-shore riconducibile a Elisabetta, la Timara Ltd. Poi c'è l'accusa di autoriciclaggio, perché l'immobile "è stato rivenduto – si legge gli atti – in data 15 ottobre 2015 per un importo pari a 1 milione e 360mila euro, somma che è transitata prima sul conto corrente francese di Giancarlo Tulliani, e poi è stata trasferita in parte al conto di Dubai e in parte al conto italiano Mps, entrambi intestati a Tulliani Giancarlo”. Quest'ultimo ha poi provveduto a “rigirare" la metà di quella somma alla sorella, in due tranche. Sul conto corrente Mps intestato a Elisabetta Tulliani, infatti, sono stati infatti accreditati 290 mila euro il 24 novembre 2015 e altri 449 mila euro il successivo 10 dicembre. A questo proposito, Fini ha spiegato ai pm di aver saputo solo recentemente dalla compagna che c'era anche lei tra i proprietari occulti della famosa casa di Montecarlo, che lui stesso le avrebbe venduto "a sua insaputa".  Poi c'è il bonifico da 2,4 milioni di euro con la causale “liquidazione” per il decreto 78 del 2009” arrivato dalle società di Corallo al conto corrente di Sergio Tulliani, impiegato dell'Enel in pensione, proprio in concomitanza con l'approvazione del decreto legge che “apportava – si legge nell'ordinanza di sequestro di febbraio scorso – enormi vantaggi a Francesco Corallo perché gli offriva la possibilità di offrire in pegno i diritti sulle videolottery e ottenere così quel finanziamento per Atlantis/Bplus di 10 milioni di euro dalla Banca popolare di Milano, per cui è stato aperta un'inchiesta alla Procura di Milano". Il denaro bonificato da Corallo, papà Sergio lo ha poi girato in parte a Elisabetta, per un totale di 550 mila euro, “che lo riceveva con la consapevolezza della provenienza delittuosa, d'intesa con Gianfranco Fini”, e in parte al figlio Giancarlo, tramite 12 assegni da 100 mila euro ciascuno.

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