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Vip, politici e sconosciuti: ecco tutti gli scortati d'Italia. La rabbia delle forze dell'ordine: usati come camerieri

Trascorsi quattro anni dall'inchiesta de Il Tempo ecco come (non) è cambiata la situazione. L'Italia resta il Paese con più personalità protette dell'intero pianeta. 

Silvia Mancinelli
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«Le scorte le facciamo con le macchine che abbiamo. Quando non ci sono quelle blindate, utilizziamo le solite. Vecchie, alcune con oltre centotrentamila chilometri, che per forza di cose bisogna distogliere a coppia dal controllo del territorio per supplire alla mancanza di vetture per i servizi di protezione». A raccontare le problematiche dei carabinieri impegnati nei servizi di scorta è Andrea Cardilli, delegato Cocer. L'appuntato scelto, che spesso si trova a vestire i panni di angelo custode per accompagnare collaboratori di giustizia e familiari, è testimone di problematiche descritte allo stesso modo da Domenico Pianese, segretario generale del sindacato di polizia Coisp e da tanti poliziotti e carabinieri che in queste ore stanno contattando Il Tempo per raccontare storie incredibili. «Siamo spesso ridotti a fare i camerieri, lo sanno tutti». Dice Pianese: «Oggi purtroppo assistiamo, in modo particolare a Roma, a un sistema di effettuazione delle scorte che spesso non rispetta le caratteristiche operative e di sicurezza - spiega -. Le scorte vengono infatti utilizzate derogando ai livelli di sicurezza e in questo modo chi avrebbe diritto alla macchina blindata viene invece scortato con una autovettura non protetta, chi avrebbe diritto per il livello di minacce a due auto di scorta ne riceve solo una, facendo assomigliare sempre più il servizio di scorta a un taxi». Che le auto blindate non siano una costante lo sottolinea anche Cardilli, che dice: «Quando manca la disponibilità, a dispetto di quanto impone il protocollo, si prendono quelle normali. Il che implica anche un maggior numero di uomini impiegati, considerato che a bordo di ogni macchina ce ne sono tre. Spesso c'è un eccesso di scorte e si va con le Punto - spiega ancora -. Utilizzo il plurale perché se le auto protette non sono disponibili, bisogna prendere due macchine normali, per questioni di sicurezza. Il che significa più uomini e mezzi impiegati per lo stesso servizio». Già, ma se vengono impiegati sei militari per una scorta, il reparto di appartenza ha serie ripercussioni. «In quei giorni purtroppo il personale non c'è e in compagnie con aliquote limitate si svolge solo quel servizio. Si lascia il territorio al controllo semplice, ma senza la parte investigativa. Si sta quindi iniziando a pensare al noleggio, così che si possa fare la scorta con macchine nuove, diverse e non riconoscibili. Le nostre macchine poi superano i 100mila chilometri e non sono proprio affidabili». Anche il segretario generale del Sap Gianni Tonelli non le manda a dire: «La spending review si è abbattuta su tutto l'apparato della sicurezza escludendo miracolosamente il settore scorte. Non si tratta di essere populisti, il servizio di scorta è indispensabile, qualificato è rischioso ma i numeri non tornano. Sempre più è diventato espressione di uno status superiore o di misera predazione finalizzata ad avere un autista e un'auto gratuitamente». «La carenza di personale del reparto scorte di Roma costringe gli agenti a continui reimpieghi, andando a prendere la persona da scortare dal punto A per accompagnarlo al punto B e poi di corsa fare la stessa cosa con un'altra persona e così via - sottolinea invece il segretario generale del Coisp, Pianese -. Il sistema delle scorte sconta il taglio alle risorse patito negli ultimi dieci anni, quando sono stati attuati tagli lineari per quattro miliardi l'anno al sistema sicurezza del Paese, è stato bloccato il turnover e il contratto nazionale di lavoro, consegnando ai cittadini forze di polizia con vuoti d'organico imbarazzanti. In questo modo la sicurezza della persona scortata e degli operatori deperisce fortemente: basti pensare che ogni giorno il Reparto scorte assicura tra i 45 e i 60 dispositivi di sicurezza che, per essere fatti nel rispetto dei canoni di sicurezza e dei livelli di rischio, avrebbero bisogno di essere rinforzati con decine di uomini, autovetture e supporti tecnici». «Ci sono gli straordinari - aggiunge Cardilli del Cocer - ma capita di star lontano da casa anche più giorni e di andare in territori sensibili tipo Calabria, Sicilia. I nostri stipendi sono fermi da nove anni, contratti e indennità bloccati».

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