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Giustizia o vendetta, Vasto divisa dopo il dramma

Angela Di Pietro
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Il giorno dopo è tempo di commenti. L'omicidio del ventiduenne Italo D'Elisa, dipendente della "Denso", ucciso con quattro colpi di pistola dal vedovo della 34enne che avrebbe investito ed ammazzato (circostanza che sarebbe dovuta emergere dall'udienza preliminare imminente) il primo luglio 2016, dà vita ad un mesto chiacchiericcio e parte del comune di Vasto si schiera. l'Italia intera si divide e lo fa anche anche attraverso i social. Lo fa per la strada. Chi piange il morto, chi difende il marito vendicatore, che non riusciva a vivere senza la sua amata Roberta Smargiassi. Gli avvocati del presunto omicida Fabio Di Lello (Pierpaolo Andreoni e Giovanni Cerella), pur nella delicatezza del caso, dichiarano che "Italo D'Elisa, dopo aver investito Roberta Smargiassi non aveva mostrato alcun segno di pentimento. Sembrava sfidare Di Lello: quando lo vedeva accelerava, affrontava il suo sguardo con aria di sfida. Il nostro assistito, che è in attesa dell'interrogatorio di garanzia, al momento appare piuttosto confuso. Temiamo possa fare un gesto estremo". Il legale che tutela la famiglia del giovane rimasto ucciso punta il dito invece sulla premeditazione dell'omicidio. "Non si è trattato di un delitto d'impeto. D'Elisa è stato seguito, perseguitato, in un diabolico piano criminale".  Il delitto minuto per minuto A ventiquattro ore di distanza, viene ricostruito il delitto di Italo D'Elisa (nella foto). È successo alle 16.30, a pochi passi al bar "Drink Water" di via Perth, a Vasto. D'Elisa aveva fatto un giro attraverso le campagne, aveva sete. E' arrivato al bar con la sua bicicletta da cross, è entrato, quindi è riuscito e si è imbattuto nel panettiere, ex calciatore ed attualmente allenatore delle giovanili del paese, Fabio Di Lello. Si sono scambiati qualche parola, poi le loro strade si sono divise. Solo per qualche momento, perché Di Lello è tornato sui suoi passi e gli ha scaricato quattro colpi di pistola all'addome. D'Elisa è morto qualche secondo dopo, sul marciapiede mattonellato, con un rivolo di sangue che è caduto sull'asfalto. Fabio Di Lello, che aveva allenato i ragazzini dalle 14 alle 16, si è allora avviato verso il cimitero di Vasto, dove riposa la moglie Roberta Smargiassi, morta il primo luglio dell'anno scorso, intorno alle 23:30, nel centro di Vasto, dopo essere stata investita dalla Punto guidata da D'Elisa. "Fermati", ha detto Fabio Di Lello al custode, che stava chiudendo i cancelli. Il panettiere si è recato sulla tomba della moglie ed ha poggiato una busta di plastica con la pistola semi-automatica usata per uccidere il ventiduenne vastese. Quindi ha telefonato ad un amico, raccontando quanto aveva fatto. L'ha fermato a poca distanza dal cimitero un carabiniere, al quale Fabio Di Lello ha sorriso, sotto shock. Si è fatto accompagnare in caserma ed ha confermato quanto già detto. Giustizia per Roberta Il suo profilo Facebook, Di Lello (nella foto con la compagna Roberta Smargiassi) l'aveva dedicato alla moglie ed allo slogan "Giustizia per Roberta". "Ho perso fiducia nella Giustizia", diceva, "e non voglio succeda mai più a nessuno quello che è successo a mia moglie". Figlio di un notissimo panettiere, Fabio Di Lello, 32 anni, aveva giocato con successo nelle squadre locali fino ad annunciare il suo ritiro "perché voglio - aveva detto - mettere su famiglia. Viaggiare insieme alla mia fidanzata, sposarla, insomma, mettere la testa a posto". Nell'ottobre 2015 il sogno di entrambi era stato coronato. Roberta Smargiassi, bellissima e gaia, era andata a lavorare nel panificio del suocero, per stare più vicino al marito. Tutta la notte svegli e poi alle sette del mattino si andava  dormire. La sera del primo luglio scorso la giovane donna al volante del suo scooter Yamaha stava dirigendosi verso casa dei genitori quando all'angolo tra via Giulio Cesare e Corso Mazzini era stata investita da una Punto (al volante c'era D'Elisa) che a sua volta s'era scontrata con un'altra vettura. Roberta era rotolata attraverso l'asfalto, dopo aver cozzato contro un semaforo. Quando era arrivata in ospedale, era già morta. Fabio Di Lello era stato avvertito dal suocero: "Vieni, è successo un incidente". Non aveva avuto la forza di dirgli altro. Liti, tornei e una battaglia infinita L'inchiesta sulla morte di Roberta Smargiassi era arrivata ad un crocevia, alla fine del 2016. Italo D'Elisa era stato indagato per omicidio stradale ed a giorni si sarebbe svolta l'udienza preliminare che poteva portarlo a processo o proscioglierlo. Fabio Di Lello non riusciva a capacitarsi del fatto che la moglie fosse morta e che la Giustizia non avesse ancora fatto il suo corso. Aveva organizzato una fiaccolata, una messa commemorativa, un torneo di calcetto. Nella testa un solo slogan "Giustizia per Roberta". Attraverso Facebook, una folta comunità gli aveva garantito sostegno incondizionato, come succede in questi casi. Al suocero avrebbe detto che "gliela farò pagare un giorno o l'altro, a quello". Non gli importava di niente, ormai. Non contavano le belle giornate di sole, non bastava la promessa di un sorriso a scaldargli il cuore. Diceva che a sua moglie era stata rubata la vita. la foto del suo profilo Facebook era tratta dal "Gladiatore" (nella foto), quando racconta il ritorno a casa dell'eroe al quale è stata massacrata la famiglia per vendetta. Non era un esaltato, Fabio Di Lello. La tragedia gli ha però sconvolto la vita. Il procuratore capo ha ammesso: "E' un dramma nel dramma". L'accusa del vescovo "Con un intervento rapido della giustizia e una punizione esemplare" la tragedia si sarebbe potuta evitare, dice l'arcivescovo della diocesi di Chieti-Vasto, monsignor Bruno Forte: "La magistratura deve fare il suo corso ma nel modo più rapido possibile. Una giustizia lenta è un'ingiustizia".

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