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Camorra, alleanze tra clan, 35 misure cautelari

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I carabinieri di Caserta in azione per gli affiliati e i fiancheggiatori dei La Torre-Boccolato per reati, a vario titolo, che vanno dall'associazione mafiosa, all'estorsione, al porto e alla detenzione illegale di armi da fuoco

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I carabinieri di Caserta hanno eseguito un'ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 35 affiliati e fiancheggiatori del clan La Torre-Boccolato, per reati, a vario titolo, che vanno dall'associazione mafiosa, all'estorsione, porto e detenzione illegale di armi da fuoco, traffico di sostanze stupefacenti, usura e riciclaggio internazionale, tutti aggravati dal metodo mafioso. Le indagini cominciate nel luglio 2008 anche con intercettazioni telefoniche e ambientali, hanno scoperto un consolidato rapporto tra appartenenti a due gruppi riconducibili ai La Torre di Mondragone e gli Esposito di Sessa Aurunca; dall'interno di un istituto carcerario in cui erano detenuti, coordinavano le attività criminali. E grazie a rapporti con personale penitenziario di vigilanza in carcere arrivava droga. L'inchiesta ha ricostruito numerosi casi di estorsione ai danni d'imprenditori e commercianti e documentato il possesso armi da fuoco vendute anche ad affiliati di clan alleati. Tra i 35 destinatari di misura cautelare nell'ambito dell'indagine dei carabinieri di Caserta, c'e' anche un cancelliere della Corte di Cassazione arrestato per riciclaggio internazionale. L'uomo era legato a esponenti di spicco della cosca di Mondragone, La Torre e aveva garantito un interessamento in una "affare", operazioni finanziarie da effettuare in Costa d'Avorio. Una cordata, spiegano gli investigatori, fatta sia da soggetti legati al clan, che da imprenditori apparentemente puliti con l'appoggio anche di uomini politici. Dei 35 destinatari di custodia cautelare, 10 erano già detenuti e a 5 il gip ha riconosciuto il beneficio dei domiciliari. Arresto anche per un agente di polizia penitenziaria, che avrebbe favorito i due personaggi di spicco del clan La Torre ed Esposito che dal carcere continuavano le loro attività. Altre guardie carcerarie sono indagate. I due boss delle due cosche, spiegano gli investigatori detenuti entrambi a Carinola hanno approfitto dello stesso 'sistema' per farsi portare in cella sostanze stupefacenti ma anche vestiti o cibo od oggetti non permessi dal regolamento carcerario, e si sono serviti di parenti durante i colloqui per portare all'esterno i loro ordini alle cosche di appartenenza.

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