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Il Milan debutta nella eSerieA. Tutti i segreti dei Diavoli della console

Davide Di Santo
Davide Di Santo

Professionista dal 2010, bassista dal 1993, padre di gemelli dal 2017. Su Tecnocrazia scrivo di digitale e tecnologia

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Il Milan fa sul serio. Non solo sul campo ma anche con la console. Il club rossonero, infatti, a novembre ha dato vita insieme a QLASH, corazzata del gaming europeo, alla squadra eSports che prende parte alla eSerie A Tim 2021/22, il campionato ufficiale della Lega. Lo stadio virtuale è quello di Fifa 21 su PlayStation e il calcio di inizio per i rossoneri è fissato per il 17 marzo.

AQM, questo il nome del team, sfiderà altri 16 club ma si parte con la fase a gironi contro i player di Bologna, Parma e Torino. A comporre la squadra, tassello fondamentale di una strategia più ampia di digitalizzazione del mondo Milan, sono due fuoriclasse di Fifa: Diego Campagnani in arte CrazyFatGamer, 23enne di Varese, e Fabio Denuzzo, veterano del circuito con oltre dieci anni di esperienza e svariati titoli nel palmares tra cui il Campionato Italiano Fifa 13 e un Top 10 nell’eWorld Cup 2018. 

Proprio Denuzzo, tarantino di 28 anni, racconta a Il Tempo cosa vuol dire essere un pro player e arrivare a vestire una maglia che fa sognare tanti tifosi: «Tutto è iniziato nel 2008 grazie ai miei compagni di classe delle superiori che parlavano sempre di videogiochi. Io non avevo neanche la console ma amavo il calcio, così ho iniziato con Xbox e Fifa. Cercavo di emulare Guardiola: tiki-taka e un’idea estetica del calcio. Ho iniziato a fare piccoli tornei e quando mi sono trovato davanti a un giocatore che utilizzava funzioni che non ancora conoscevo, come l’uno-due, mi si è aperto un mondo. Così ho imparato sempre nuove combinazioni e ho iniziato a vincere, fino al successo nel campionato italiano di Fifa 13, uno dei primi sulle console. Da lì il salto internazionale».

Non capita spesso di incontrare videogiocatori professionisti con una laurea in tasca, Scienze politiche nel suo caso.
«Dieci anni fa mi sono detto che dovevo pensare allo studio, poi col tempo questa passione è diventata un lavoro. I 14enni di oggi vedono influencer e streamer con tanti follower o gamer con sponsor importanti e vogliono diventare come loro. Per raggiungere certi livelli, però, non c’è bisogno soltanto di dedizione ma anche di tanta fortuna. Anche perché non esiste un percorso uguale per tutti che porta al successo. È un messaggio che dobbiamo mandare anche noi pro». 

Lei è seguito da più di 150mila follower tra Twitch e YouTube, molti dei quali giovanissimi.
«Streamer e youtuber devono in qualche modo educare le community, che spesso rischiano di diventare "tossiche". Io stesso sono stato vittima recentemente di insulti per un video».

Com’è vestire la maglia virtuale del Milan?
«Nonostante avessi 28 anni la reazione che ho avuto quando mi hanno proposto di diventare un pro player del Milan è stata quella di un bambino. È la realizzazione di un sogno». 

AQM può arrivare fino in fondo nella eSerie A?
«Non amo sbilanciarmi. Dobbiamo dare il massimo, essere furbi e intelligenti. Nel gameplay servono qualità diverse dal calcio che si gioca in campo. A partire da astuzia e calma: oltre alle mani serve la testa. Faremo del nostro meglio».

È tra i veterani del circuito. Quanto conta?
«La differenza si vede nei momenti critici, come quando sei 1-1 all’80°. Un giocatore esperto può gestire al meglio le fasi delicate e magari fare il gol decisivo all’ultimo minuto». 

Quanto influisce sui risultati il fatto che il videogioco EA Sports si evolve ogni anno?
«Di anno in anno cambia tantissimo ed essere costanti è la sfida maggiore. Ci sono giocatori che dopo una stagione da fenomeni con l’edizione del gioco successiva non vincono neanche un torneo. Io gioco da Fifa 08 e lo posso dire: l’adattabilità è la vera qualità per rimanere al top».

Come giocherà il suo Milan virtuale? Sempre alla Guardiola?
«No, il mio modo di giocare è cambiato moltissimo. Ora la mia caratteristica principale è la velocità. Sto usando il modulo 4-3-1-2, pressing e verticalizzazioni. Un modello nel gioco reale? Forse il Bayern Monaco di Flick». 

Come nel calcio reale negli eSport non ci sono solo i giocatori. Un ruolo cruciale è quello della preparazione. Ad allenare i player di AQM c’è coach Simone Sfolcini, altro veterano del gaming italiano passato dalle competizioni in prima persona al lavoro per migliorare prestazioni e risultati altrui.

«Il gioco è un aspetto molto importante. Il player tende a giocare a "macchinetta", una partita dopo l’altra senza soffermarsi sui singoli episodi. Ma c’è bisogno di studiare per crescere», spiega Sfolcini.

In che modo?
«Si deve analizzare l’avversario, studiare le partite giocate, allenarsi su singole situazioni. Poi si fanno lavori mirati in base al regolamento, un aspetto tipico degli eSport. Per esempio nella eSerie A si possono schierare solo determinati giocatori e un player deve prepararsi in base alle pedine che avrà a disposizione».

Come si diventa allenatori di videogiochi?
«Difficile dirlo. In Italia per Fifa siamo solo tre o quattro. Io ero un pro player di Call of Duty (videogioco bellico sparatutto, ndr), ormai 15 anni fa, poi ho iniziato a lavorare nel settore del gaming come organizzatore di eventi. In quell’ambito ho conosciuto molti pro player di tanti titoli diversi e ho cominciato ad allenare i primi giocatori su Fifa tra cui Diego Campagnano, e poi tutto il team rossonero». 

Ma non c’è solo il calcio virtuale nel mirino del Milan. A breve infatti vedremo team rossoneri nei tornei più importanti di giochi che nulla hanno a che fare col pallone, come Brawl Stars. A conferma che gli eSport sono ormai considerati sport in sé, non per analogia col calcio giocato sul campo con pallone e scarpini.

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