Mario Venditti e la gestione delle intercettazioni: una nuova accusa contro l'ex pm
Non c'è solo l'indagine per corruzione in atti giudiziari a pesare sulla testa dell'ex procuratore aggiunto Mario Venditti per l'archiviazione lampo su Andrea Sempio. Alla procura di Brescia il magistrato era già stato indagato nei mesi scorsi, quando le indagini che hanno portato all'arresto di due carabinieri suoi fedelissimi, il maggiore Maurizio Pappalardo e il carabiniere forestale Antonio Scoppetta, hanno scoperchiato il vaso di Pandora di quel sistema Pavia che ha portato alla luce intrecci opachi tra politica, magistratura, forze dell'ordine e imprenditoria. Sebbene ci sia il riserbo sulla precedente ipotesi accusatoria formulata dai pm bresciani, e trapelata già ai primi di marzo, Venditti risulta indagato per la gestione poco chiara dei fondi della procura di Pavia, con particolare riferimento al segmento delle intercettazioni.
L'intercettazione cruciale dei genitori di Sempio: “Devo trovare la formula per pagare questi signori”
E proprio le intercettazioni disposte nel fascicolo del 2017 sul delitto di Garlasco sono il tassello che ha portato gli inquirenti a formulare l'accusa di essersi fatto corrompere per archiviare Sempio, perché dalle conversazioni della famiglia non trascritte sui brogliacci emergerebbe che l'indagato sarebbe stato a conoscenza degli atti, nonché il giro di denaro in contanti necessario a pagare «quei signori lì», alla luce dell'appunto trovato in casa Sempio «Venditti/gip archivia X 20. 30. €». Agli occhi degli investigatori, inoltre, non è passato inosservato il rapporto privilegiato che la società che fece quelle intercettazioni, la Esitel dei fratelli Cristiano e Raffaele D'arena, avrebbe avuto con Venditti, tanto da ottenere una sorta di monopolio alla procura di Pavia.
Il pizzino integrale dei Sempio: cosa c'è scritto nel biglietto
Eppure quella società venne esclusa dalla procura di Milano dal novero delle ditte accreditate alle intercettazioni telefoniche, ambientali e telematiche perché «acconsentì a deviare i dati sensibili/riservati tratti dalle intercettazioni in corso fuori dagli ambienti rigorosamente stabiliti per legge», riporta un documento del 27 novembre 2017 firmato dal procuratore Francesco Greco, che guidava la procura milanese. Greco spiega che la ditta fu indagata e poi archiviata, ma «resta l'indiscutibile disponibilità dei suoi esponenti a "creare una inedita rete informatica aggiuntiva a quella ministeriale"», motivo per il quale «difetta il necessario requisito di fiducia».
Altro colpo di scena nell'indagine sull'ex pm di Pavia: chi è stato perquisito. Caccia alle spese pazze
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