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Papa Francesco sulle orme di Wojtyla: ecco perché non scenderà dalla Croce

manovre vaticano

Francesco Capozza
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Giovedì scorso, terminata la diffusione di quei pochissimi secondi di registrazione audio contenenti il messaggio in spagnolo di Papa Francesco, in Piazza San Pietro, dopo un naturale e commosso applauso, è calato il silenzio. Sentimenti di sgomento, incredulità e commozione hanno preso il sopravvento sulla gioia di poter affermare con certezza che il Santo Padre è vivo. Fino a quel momento, tra fake news e ricostruzioni fantasiose (anche a causa dei bollettini criptici emessi quotidianamente dalla sala stampa vaticana), nessuno aveva chiara la reale situazione in cui versa davvero il pontefice ricoverato al Gemelli ormai da quasi un mese. Molti, anche ai più alti livelli della Curia Romana, non avevano idea di come effettivamente stesse il Papa, perché nell’arco di queste lunghissime e angosciose settimane gli unici ad aver ufficialmente potuto vedere di persona Bergoglio sono stati il Segretario di Stato, cardinale Pietro Parolin, e il suo Sostituto, monsignor Edgar Peña Parra. Quella voce flebile, affannata, a tratti incomprensibile, ha aperto gli occhi non soltanto al mondo intero, ma anche a porporati, vescovi e prelati di ogni sorta che, seppur intabarrati adeguatamente per la serata romana, sono improvvisamente calati nel gelo più totale, attoniti, sconvolti, alcuni quasi in lacrime.

 

 

 

Da quel momento, complice anche il fatto che ancora oggi - e non si sa fino a quando - Francesco non respira autonomamente ma di giorno "si nutre" di ossigeno tramite naselli mentre di notte è obbligato a tenere la maschera per la respirazione meccanica non invasiva (che è un presidio medico superiore ai naselli ndr), è tornata insistentemente a girare la solita, lisergica domanda: «non sarebbe meglio se si dimettesse?». L’annosa questione, di cui più volte lo stesso Bergoglio ha parlato, torna oggi prepotentemente agli onori della cronaca di fronte a una situazione che ripropone adesso un nuovo interrogativo: «come potrà continuare a "fare il Papa"?». È purtroppo innegabile che il pontefice non sarà più in grado di gestire un’agenda fitta come prima, d’incontrare decine (e talvolta centinaia se non migliaia) di persone al giorno e il suo decorso post-ospedaliero, se tutto andrà come auspicato, potrebbe durare mesi. Inutile però girarci troppo attorno: Papa Francesco non si dimetterà mai. Non solo perché, come ha ricordato lui stesso cestinando di fatto tutte le dichiarazioni precedenti, «il papato è a vita», ma anche per un’altra questione giuridica di non poco conto che siamo oggi in grado di svelare. Abbiamo precedentemente raccontato del Cardinale Gianfranco Ghirlanda, raffinatissimo canonista già Rettore della Pontificia Università Gregoriana, a cui il pontefice ha affidato mesi fa l’incarico di revisionare le regole del Conclave. In pochi sanno però che allo stesso principe del Codice Bergoglio aveva commissionato anche un altro documento di vitale importanza: una normativa ad hoc sui pontefici dimissionari.

 

 

 

La Rinuncia di Ratzinger è stata un fulmine a ciel sereno per il mondo intero ma ha anche messo in evidenza che, oltre a quanto prescritto dal Codice di Diritto canonico per le dimissioni papali, non è mai esistita una regolamentazione giuridica per lo status che un ex Papa debba avere all’interno della Chiesa. Le indicazioni che Bergoglio diede al Cardinale Ghirlanda prevedevano innanzitutto che un ex pontefice si sarebbe dovuto chiamare "Vescovo emerito di Roma" e non "Papa emerito", che egli non portasse più la veste bianca né che continuasse a essere chiamato e a firmare con il nome pontificale. Insomma, esattamente tutto quello che ha fatto Ratzinger nei dieci anni successivi alla sua abdicazione. Da svariati mesi, tuttavia, quel lavoro che Ghirlanda aveva già quasi ultimato è stato riposto in un cassetto per ordine diretto di Papa Francesco: «ci penserà il mio successore», ha chiosato Bergoglio. È del tutto evidente che l’attuale pontefice non «scenderà dalla Croce» e rimarrà al suo posto fino all’ultimo giorno. Esattamente come fece Giovanni Paolo II e, a onor del vero, tutti i Papi precedenti salvo rarissime eccezioni.

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