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Case green, allarme invasione: 40 fondi stranieri pronti a fare man bassa

Alessio Gallicola
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C’è un’Italia che piace. Parecchio. E non è quella dei beni culturali, per cui pure va giustamente famosa nel mondo. È l’Italia del mattone, da anni nel mirino dei fondi d’investimento statali stranieri, che oggi cominciano a far cadere il velo sulle loro strategie e non si nascondono più. In barba alla crisi e alla Finanziaria senza risorse reali con cui il governo Meloni si è trovato a fare i conti, c’è un Paese molto attraente per gli stranieri, soprattutto quelli che di mestiere procurano introiti a più zeri ai loro investitori. Sono ben 40, anche prestigiosi, i fondi sovrani di Paesi esteri che da anni guardano all’Italia come terra di conquista e oggi, in concomitanza con il varo della Direttiva Casa Green votata dal Parlamento Ue, hanno sferrato il loro piano d’attacco.

Il potenziale di fuoco di questi attori è devastante: si parla di 4500 miliardi di euro, qualcosa come 2,8 volte il Pil italiano. Il tutto investito nell’immobiliare. Ma non più, attenzione, il patrimonio di beni statali, che pure è stato adeguatamente saccheggiato, ma proprio il mattone di proprietà individuale. La casa degli italiani, che per lo più l’hanno costruita a prezzo di enormi sacrifici. Non si tratta più di acquisire il progetto di Porta Nuova a Milano, quella è storia del 2016, quando il fondo sovrano del Qatar portò a termine un’operazione che ancora oggi, parole di Tariq Muslih, senior legal counsel di Qatar Investment Authority, «ci ha assai impressionato per redditività e occupazione, abbiamo creato 10 mila opportunità di lavoro». E neanche di abbattere e ricostruire, sempre a Milano, il palazzo dell’Inps, come ha fatto Adia (Abu Dhabi investment authority), il fondo sovrano dell’Emirato. No, qui la leva si chiama, appunto, Direttiva casa green.

 

Una lunga storia, che parte da lontano, con il solito piano a lungo termine. Che proprio quando sembra dimenticato, emerge dal cassetto e inizia a produrre effetti. Una delle prime avvisaglie in materia di abitazioni ed efficientamento energetico risale al vecchio piano Juncker. Quando, era il 2016, la Commissione decise di finanziare con un prestito da 75 milioni di euro la costruzione di alcuni complessi residenziali, in Finlandia, a emissioni quasi zero. E non si risparmiarono le polemiche quando, sempre nell’ambito del piano, furono accordati finanziamenti alla Primekss, azienda lettone che aveva brevettato un calcestruzzo «zero emissioni. Anche allora erano d’attualità le tensioni internazionali ma nessuno avrebbe immaginato gli effetti della doppietta guerra-crisi energetica. E oggi, quando l’impegno Ue è diventato quello di abbattere le emissioni del 55%, con l’ambizioso obiettivo di diventare climaticamente neutrale entro il 2050, è nato il programma «Fit for 55», in cui è inclusa anche la direttiva green sulla casa.

Ecco, la casa. L’unico bene che in Italia non è mai passato di moda. Forse l’ultimo dato di ricchezza diffusa che ci è rimasta riguarda proprio il patrimonio immobiliare. Le stime catastali dell’Omi e dell’Agenzia delle Entrate, aggiornate al 31 dicembre del 2022, ci dicono che nel nostro Paese ci sono quasi 78 milioni di unità immobiliari.

Di queste, solo poco meno di dieci milioni non generano valore. Il resto ha prodotto rendite catastali per oltre 38,3 miliardi. Più della metà di questo immenso tesoro immobiliare è composto da abitazioni. Che però sono vecchie. Stando alle cifre diffuse dall’ufficio studi di Federcepi, il 51% delle case nel nostro Paese risale (almeno) al 1970. Ha più di cinquant’anni. Ma non basta.

Perché un terzo delle abitazioni italiane (31%) è stato edificato tra gli anni ’70 e fino al 1990. I numeri non mentono e, per Federcepi, quasi 10 milioni di edifici hanno bisogno di un restyling per centrare l’obiettivo minimo della classe energetica D. Ma non tutti potranno permetterselo. Il tema sta nel costo di questi interventi. Le stime, chiaramente, differiscono. A seconda dei lavori da fare e della situazione di partenza. Tuttavia, gli esperti assicurano che l’esborso medio tra cappotti termici, nuove caldaie, infissi da sostituire e pannelli fotovoltaici, sarà quantificabile in un range che oscilla tra i 35 e i 60 mila euro. Una mazzata. Che ricade sui proprietari.

Per la stragrande maggioranza persone fisiche. Gente in carne e ossa, nomi e cognomi, genitori e nonni, ma anche giovani coppie. Che oggi, di fronte al diktat europeo, si trovano indifesi, incapaci di programmare le opere necessarie. Avevano sperato nel Superbonus, che si è rivelato una truffa e un autentico bagno di sangue. E ora si ritrovano con le banche bloccate e i tassi alle stelle: ottenere credito è impossibile. E qui intervengono i fondi. Che speculano per definizione. E sono pronti a subentrare garantendo i lavori in cambio della proprietà degli immobili. Un totale cambio di paradigma, inquilini in casa propria. Dopo anni di sacrifici. Uno scenario devastante. Che porta i partiti di centrodestra a cavalcare le preoccupazioni di gran parte degli italiani, dicendo un secco «no» alla direttiva e lavorando per evitare una riedizione della maggioranza Ursula, che si è rivelata ostaggio della politica green targata Timmermanss. Con tanto di addio alla maledetta direttiva casa green.

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