Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

Quarto Grado, Picozzi: perché Turetta non crollerà. Chat inedite di Giulia: "Mi fa paura"

  • a
  • a
  • a

All'Università di Padova è stato un giorno diverso dagli altri, quello della laurea alla memoria a Giulia Cecchettin, il titolo che si era conquistata e che le sarebbe spettato di diritto, se non fosse stata brutalmente assassinata dall'ex fidanzato Filippo Turetta. Il caso della 22enne veneta torna così alla ribalta, anche nella puntata di venerdì 2 febbraio di Quarto Grado, il programma condotto da Gianluigi Nuzzi su Rete 4. Nella trasmissione emergono nuovi vocali che la ragazza aveva mandato alle amiche e che testimoniano i dubbi della giovane su quel ragazzo, a cui voleva bene ma che pretendeva di stare fuori, insieme a lei, molte ore al giorno, anche perché aveva un rapporto problematico con i suoi genitori e aveva "bassa autostima". Giulia in quel periodo deve anche aiutare la madre malata, che all'epoca era ancora in vita. Tuttavia, la giovane si sente anche in colpa perché vorrebbe anche stare un po' da sola, in casa, con la sua famiglia. 

 

In altre chat, successive, Giulia dice alle amiche che durante certe scenate di gelosia - non nei confronti di altri ragazzi, ma per innocenti uscite con le colleghe di università - Filippo le aveva "fatto paura" per gesti e parole usate durante gli scatti d'ira. Confidenze che erano i segnali, evidentemente, di un pericolo

 

Durante il programma interviene anche Massimo Picozzi, criminologo e psichiatra, che affronta l'altro aspetto della tragica vicenda, quello legato a Filippo Turetta. Detenuto in attesa di giudizio nel carcere di Verona, il reo confesso dell'omicidio sembra lontano dal vuotare completamente il sacco. "È difficile che crolli questo ragazzo, perché lui è come se avesse deciso di aver perso il controllo su Giulia, che sentiva come una fonte di sofferenza perché si era sottratta dal suo controllo. Si sente vittima di Giulia", afferma l'esperto. Turetta quando è stato fermato dalla polizia tedesca aveva detto agli agenti che aveva tentato di uccidersi. Un altro segnale che indica che si sentiva una vittima? "Per ucciderti devi raggiungere un senso di colpa, ma siamo ancora lontani", conclude Picozzi. 

Dai blog