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Giudice Apostolico, la difesa delle toghe non regge. L'affondo di Paragone

Gianluigi Paragone
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«Inviterei a non fare lo screening al passato, alla vita privata di un magistrato. Altrimenti la compressione dei diritti di un magistrato diventa impossibile da reggere». È davvero difficile trovare un senso alle parole del presidente dell’Anm Giuseppe Santalucia nella difesa della collega Iolanda Apostolico, il giudice di Catania che non aveva convalidato il fermo di alcuni migranti tunisini trattenuti nel cpr di Pozzallo lasciandoli così liberi.

È difficile per diversi motivi. Due su tutti. Il primo è immediato: perché i magistrati possono entrare nelle vite private delle persone senza mai pagare dazio in caso di errori giudiziari? Ne abbiamo parlato diffusamente: sono sempre più numerosi i casi di vite rovinate da magistrati, ai quali si concede il diritto di “fare lo screening” (e molto altro) per costruire le loro accuse, che poi si infrangono in clamorose sentenze di assoluzione. Perché un magistrato può sventrare le vite degli altri e se sbaglia non succede nulla?

 

Il secondo motivo per cui la difesa dell’Anm nei riguardi della Apostolico non regge sta dentro la scelta della stessa giudice di partecipare a una manifestazione politica e pubblica. Il privato quindi diventa pubblico, per di più politico. Sullo stesso tema l’immigrazione - che diventerà oggetto di una decisione giuridica. Un corto circuito.

«Sono basita davanti alla sentenza del giudice di Catania» contro il decreto Cutro, aveva dichiarato la Meloni sottolineando le «motivazioni incredibili». Apriti cielo! La politica non tocchi la magistratura, era il coro sollevato a sinistra con tanto di grancassa targata Repubblica e Stampa. Tenta di smarcarsi la giudice Apostolico. Invano: la vicenda, ribadiamo, è personale non perché Salvini l’ha ricordata ma perché la signora era in quella piazza per protestare con il mancato sbarco dei migranti dalla Diciotti. È lo stesso motivo per cui sbaglia il consigliere del Csm Roberto Fontana, che è stato tra i promotori della pratica a tutela della giudice Apostolico: per lui il video rilanciato da Salvini «confonde i piani. La giurisdizione si esprime attraverso i provvedimenti, che ovviamente possono essere criticati e impugnati sulla base di ragioni tecnico-giuridiche».

 

Quindi ora sappiamo che criticare i provvedimenti è legittimo; a maggior ragione se quegli atti intersecano una partecipazione attiva in una piazza politica. Come di fatto conferma la decisione della Apostolico di chiudere il suo profilo Facebook, lo stesso dove in passato il giudice avrebbe condiviso diverse campagne lanciate da Potere al Popolo contro la destra e una mozione di sfiducia contro il leader leghista Matteo Salvini nel 2018.

Ora resta un’ultima ammissione, un’ultima risposta a quel che appare già chiaro ai più: ha partecipato a quella manifestazione? Sì o no. Tutto il resto è polvere che si alza e confonde sempre più l’imparzialità della magistratura.

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