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La flotta battente bandiera tedesca che porta i migranti in Italia: metà delle navi Ong

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Dario Martini
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La Germania sospende la redistribuzione dei migranti sbarcati in Italia disattendendo gli impegni sottoscritti in ambito europeo. Eppure, il 55% delle navi delle Ong che portano i profughi in Italia battono bandiera tedesca: sono 12 su 22. Una contraddizione in termini. Berlino decide di non essere più «solidale» con Roma ma continua ad essere il principale "promotore" dei viaggi della speranza dall’Africa alla Sicilia. Ecco quali sono queste dodici navi che spesso abbiamo già sentito balzare agli onori della cronaca: Humanity 1, Aurora Sar, Rise Above, Mare Go, Nadir, Trotamar III, Sea Watch 3, Sea Watch 5, Resq People, Sea-Eye 4, Louis Michel e Imara.

 

Il fatto che sventolino il vessillo tedesco significa che seguono la legislazione della bandiera dello Stato a cui fanno capo. In altre parole, vuole dire che la Germania ha attribuito la propria nazionalità a quelle navi. Una volta a bordo è come essere in territorio tedesco. Attenzione, però: la nazionalità della Ong non deve per forza coincidere con la bandiera, anche se spesso le due cose coincidono. Come nel caso della Humanity 1, che appartiene alla Ong Humanity Sos, costola tedesca staccatasi dalla francese Sos Mediterranee. Humanity ha fatto parlare di sé lo scorso novembre, quando si rifiutò di lasciare il porto di Catania dove le era stato imposto di sbarcare solo minori e persone fragili. La scarsa collaborazione con le autorità italiane molto spesso diventa la regola. In alcuni casi sono fioccate pure sanzioni e fermi amministrativi. Come nel caso della Mare Go, che a inizio giugno ha sbarcato 36 migranti a Lampedusa anziché a Trapani come le era stato ordinato, e della Sea Eye 4, che aveva fatto salvataggi multipli in mare senza approdare in porto dopo il primo intervento.

 

La Sea Eye 4 ci è ricascata anche a fine agosto, con tre operazioni consecutive nelle zone Sar libiche e maltesi. Condotta che ha comportato una fermo amministrativo e una multa di tremila euro. A marzo anche la Louis Michel, nota per essere finanziata dall’artista Banksy, ha violato le regole rifiutando di dirigersi a Trapani. Nonostante tutto ciò, ieri il ministero dell’Interno tedesco ha confermato la decisione di voltare le spalle all’Italia. Il motivo? «L’eccessiva pressione» migratoria e la mancanza collaborazione di Roma nell’ambito del regolamento di Dublino. In realtà, molti Stati europei, considerano questa fonte normativa ormai obsoleta, che poteva andare bene quando le migrazioni erano contenute, non certo oggi di fronte all’esodo africano. Per questo motivo, a giugno scorso in Lussemburgo i ministri dell’Interno degli Stati membri hanno raggiunto un accordo politico che ha dato il via libera alla bozza di testo del nuovo Patto Europeo Migrazione e Asilo, nella direzione auspicata dal governo italiano. Ma Berlino insiste: «L’Italia è stata informata che la prossima missione nell’ambito del Meccanismo europeo di solidarietà volontaria sarebbe stata rinviata fino a nuovo avviso». E aggiunge: «La Germania è pronta a tornare ad accogliere i richiedenti asilo dall’Italia nell’ambito del Meccanismo volontario di solidarietà quando si tornerà ad applicare la normativa prevista dalla Convenzione di Dublino per quanto concerne i Paesi di primo arrivo dei profughi».

 

Un portavoce del ministero tedesco si è anche vantato di quanto fino ad oggi: «Finora, attraverso il meccanismo di solidarietà, la Germania ha accolto 1.043 dall’Italia su 3.500 promessi». Numeri davvero risibili se paragonati ai 123.862 migranti sbarcati sulle nostre coste da inizio anno. La replica del ministro degli Esteri Antonio Tajani non si fa attendere: «L’immigrazione è un problema europeo. Deve essere risolto con la partecipazione di tutti i Paesi della Ue». Mentre Giorgia Meloni guarda già avanti: «Lo stop dei migranti di Francia e Germania? In parte me lo aspettavo, avevamo detto che non potevamo accogliere i dublinanti, perché i nostri hot spot sono pieni. I ricollocamenti sono però secondari, sono state pochissime le persone ricollocate, la questione è fermare gli arrivi in Italia».

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