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Accordo Ue su migranti e asilo, cosa prevede. Un fondo europeo e rimpatri più veloci

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Benedetto Antonelli
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L’Italia è tra gli Stati maggiormente interessati dal nuovo Patto per le migrazioni e l’asilo. Al punto che nella giornata di negoziati di giovedì al Consiglio Affari interni a Lussemburgo ha avuto un ruolo determinante. In particolare l’Italia può ritenersi soddisfatta, come riferito ieri anche dal ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, dalla solidarietà concreta che potrà manifestarsi sotto diverse forme: dai nuovi fondi ai ricollocamenti (comuque non obbligatori) ai rimpatri che potranno essere fatti anche nei paesi terzi di transito, con procedure accelerate di asilo e rimpatrio alla frontiera.

 

Nel dettaglio, è prevista la creazione di un nuovo fondo europeo gestito dalla Commissione europea per interventi nei Paesi terzi di origine e transito dei flussi, dedicato al rafforzamento della dimensione esterna su cui l’Italia punta tanto anche con il suo Piano Mattei per l’Africa. In questo fondo confluiranno i contributi di solidarietà versati dagli Stati membri che non accettano ricollocamenti.

Gli ormai famosi 20mila euro per ogni migrante non accettato dagli altri Paesi non finiranno nelle casse italiane, per scelta del governo di Roma, ma andranno ad alimentare il fondo europeo. Inoltre, per la prima volta, la solidarietà diventa un obbligo giuridico permanente. Ossia tutti i Paesi dell’Unione dovranno offrire solidarietà a seconda del Pil e della popolazione, secondo un criterio di equità.

Quest’obbligo dovrà concretizzarsi in un minimo di 30mila redistribuzioni ogni anno. Anche i migranti economici potranno essere ricollocati, e non solo i rifugiati, e il Paese di destinazione non potrà più scegliere arbitrariamente chi accettare e chi no. Se le ricollocazioni offerte non raggiungeranno la soglia minima, il Paese beneficiario avrà diritto a chiedere a titolo di compensazione l’interruzione dei trasferimenti dei cosiddetti «dublinanti» (cioè la ripresa in carico di quanti si erano trasferiti in altri Stati membri, obbligatoria secondo le regole vigenti). Vengono inoltre superate le regole di Dublino con passaggio da una responsabilità permanente dei Paesi di primo ingresso per le persone non riconosciute come non bisognose di protezione (i migranti economici illegali) a una responsabilità di soli quindici mesi.

 

Altro aspetto di novità è quello che riguarda i casi Sar (sbarcati da operazioni di ricerca e soccorso in mare) che per la prima volta vengono differenziati dai comuni arrivi irregolari. Pertanto, sul piano della durata, la responsabilità per i migranti sbarcati viene dimezzata rispetto ai normali arrivi irregolari (mantenuta a 12 mesi, contro i 24 proposti dalla presidenza svedese di turno della Ue); sul piano dei criteri di assegnazione della responsabilità, vi è il ribilanciamento, per cui i Paesi di migrazione secondaria devono giustificare il loro rifiuto di prendere in carico i migranti.

È prevista una revisione del sistema istituito dal Regolamento sulle procedure di frontiera, dopo un anno di applicazione al fine di garantire un primo test di sostenibilità. Infine, è previsto un Piano di finanziamenti straordinario, a carico del bilancio Ue, per il rafforzamento delle capacità ricettive e dei sistemi di asilo dei Paesi di primo ingresso più esposti alla pressione migratoria. L’insieme di queste regole, che dovranno comunque passare il vaglio del parlamento europeo, fanno dire alle forze di maggioranza italiane che il risultato è positivo. «Finalmente con il governo Meloni la nostra Nazione si fa rispettare in Europa anche sul tema dell’immigrazione. Grazie alla caparbietà del presidente del Consiglio e del ministro Piantedosi, l’Italia - forte anche dei segnali di solidarietà ricevuti da parte di altri Stati, come nel caso del cancelliere tedesco Scholz - raggiunge l’accordo sul Patto dei migranti che per anni era rimasto in sospeso», commenta Tommaso Foti, capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera.

«Ora - afferma - in attesa di trovare una posizione definitiva con il parlamento europeo, c’è la certezza che l’immigrazione irregolare verrà trattata a livello internazionale come un problema comune e non di un singolo stato. Come sempre sostenuto da Fratelli d’Italia, era evidente che da sola l’Italia non potesse reggere i flussi migratori, gestirne i ricollocamenti e diventare l’hub di tutti gli immigrati provenienti dall’Africa. Altro risultato ottenuto dal governo Meloni riguarda i rimpatri che adesso potranno avvenire anche nei Paesi di transito», conclude Foti, «l’azione internazionale del governo italiano permette di raggiungere risultati positivi»

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