Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

La verità sulla Francia: respingimenti al confine e immigrati scaricati nei boschi

Esplora:

Alessio Buzzelli
  • a
  • a
  • a

Non è mai facile avere a che fare con un vicino di casa ingombrante, a volte prepotente e altre un po’ arrogante, anche se, per molti versi simile, a noi. La Francia, per l’Italia, è un po’ così, e lo è da sempre: un "cugino" molto sicuro di sé, che a volte ci guarda dall’alto in basso con malcelato senso di superiorità: una postura, questa, che fatalmente porta a continue crisi diplomatiche più o meno serie e a ciclici scontri politici, di cui quello andato in scena ieri dopo le parole pronunciate dal ministro francese dell’Interno, Gérald Darmanin, è solo l’ultimo di una lunga serie. Senza tornare troppo indietro nel tempo, è sufficiente dare uno sguardo agli ultimi dieci anni per accorgersi di come le relazioni tra i due Paesi abbiano vissuto periodiche tensioni, spesso proprio a causa degli atteggiamenti non sempre corretti assunti dai cugini d’oltralpe.

 

Per restare sul tema migranti, è almeno dal 2015 che, ciclicamente, i due governi arrivano ai ferri corti dopo le azioni poco diplomatiche messe in atto dai francesi: proprio nell’estate di quell’anno, ad esempio, l’Eliseo schierò la gendarmerie al confine di Ventimiglia per respingere (anche con le cattive) decine di migranti decisi a passare la frontiera, lasciandoli per giorni bloccati sulle scogliere liguri. Nel marzo del 2018, invece, la polizia transalpina entrò direttamente in territorio italiano, facendo irruzione con cinque agenti nella sala della stazione di Bardonecchia per eseguire un test delle urine a un migrante, scatenando le ire italiane. Il culmine della tensione si registrò però pochi mesi dopo, quando un filmato diffuso dalle autorità italiane mostrava un furgone della gendarmeria intento a scaricare in un bosco vicino a Claviere alcuni migranti, innescando una vera e propria bufera diplomatica.

 

E sempre parlando di sconfinamenti, impossibile non citare l’infinita querelle, tutt’ora in atto, tra le alte vette del Monte Bianco: uno scontro che prosegue, ininterrotto, dal 1860, quando il trattato fra Regno di Sardegna e Impero francese segnò la linea di confine tra i due Paesi. Un confine che i francesi hanno periodicamente tentato di spostare, cercando di "annettere" porzioni del lato italiano del massiccio attraverso stratagemmi tutt’altro che corretti. A settembre del 2015, ad esempio, il sindaco di Chamonix aveva arbitrariamente fatto bloccare l’accesso al ghiacciaio Gigante dal Rifugio Torino (suolo italiano), installando transenne lucchettate.

Le proteste italiane portarono presto alla rimozione dei cancelli francesi, anche se, quattro anni dopo, i Comuni di Chamonix e di Saint-Gervais ci riprovarono, questa volta con una ordinanza estiva in cui si vietava, ufficialmente per motivi di sicurezza, il sorvolo in parapendio di tutta la zona della vetta del monte Bianco, compresa la porzione italiana. E se dalla montagna passiamo al mare, le cose non cambiano di molto: nel trattato di Caen del marzo 2015, stipulato dall’allora ministro Gentiloni e mai ratificato dal Parlamento, era prevista la ridefinizione dei vecchi confini (sì, ancora loro, ancora i confini) tra le acque territoriali italiane e quelle francesi, tutta, manco a dirlo, a beneficio dei cugini d’oltralpe. L’accordo, infatti, tra le altre cose assegnava alla Francia l’esclusiva economica sulla «fossa del cimitero» (dove si riproducono i pregiati gamberoni rossi) più molte, pescosissime zone a Nord e Nord-Ovest della Sardegna.

 

La ratifica fu poi bloccata in extremis, ma solo perché, in quei giorni, scoppiò la solita polemica dopo che la Guardia costiera francese aveva bloccato e multato diversi pescherecci italiani, comportandosi come se il trattato fosse già in vigore. Ci sarebbe poi da parlare di tutte le tensioni economiche dovute alle numerosissime e non sempre amichevoli acquisizioni, avvenute negli ultimi anni, di aziende italiane e, soprattutto, di quelle mai avvenute nel verso opposto, prima tra tutte l’acquisto della società SXT da parte di Fincatieri, cui il governo transalpino si oppose con tutte le sue forze, fino ad arrivare a nazionalizzare l’azienda. Insomma, essere "cugini" non basta per andare d’accordo, specie se uno dei due dimostra di non averne voglia. 

Dai blog