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Confcommercio: allarme imprese. Entro metà 2023 ne chiuderanno 120mila

Christian Campigli
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Un grido di allarme. Minimizzato, per mesi, dalla politica. Giudicato eccessivo da chi è convinto di aver un comodo posto al sole. E che oggi, a pochi giorni dal termine della campagna elettorale, riesplode in tutto il suo fragore. Entro la prima metà del 2023 potrebbero chiudere 120.000 imprese. È la drammatica analisi dell'ufficio studi di Confcommercio. Secondo il direttore, Mariano Bella, intervistato questa mattina dall'agenzia di stampa AdnKronos, si tratta di “una stima prudenziale. Abbiamo preso soltanto le imprese più piccole e solo il 10% più debole di queste aziende. Quindi si tratta di una stima estremamente prudenziale”.

Una realtà drammatica, che rischia di mettere in ginocchio la nostra economia, il nostro Paese e la tenuta stessa di un sistema democratico. “I costi sono fuori controllo, i prezzi alla produzione fanno segnare un +21% nei primi sette mesi del 2022. Ma nei primi sette mesi del 2022 l'inflazione, al netto dell'energia, non è in realtà andata oltre il 2,8%. Però questo accade grazie ai margini relativi delle imprese che si assottigliano - ha continuato Mariano Bella - Il sistema sta funzionando, ogni anello della filiera, dall'importazione alla produzione, ai grossisti, agli agricoltori, fino ai distributori, sta tenendo su di sé un pezzo della maggiore inflazione”.

 

 

Il direttore dell'ufficio studi di Confcommercio ricorda poi che “gli indicatori di redditività delle imprese sono letteralmente crollati negli ultimi trimestri, questo anche per sfatare l'altro aspetto mitologico per cui le cose le pagano le famiglie consumatrici e i pensionati. No, il maggiore costo delle bollette energetiche lo sta pagando anche il sistema produttivo”. Le imprese chiedono un aiuto concreto, ora. La politica saprà rispondere a questo grido di allarme?

 

 

 

 

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