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Autolavaggi irregolari spreconi d'acqua. Tanti esercizi irregolari: perdono 2,5 miliardi di metri cubi l'anno

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Siccità? In Italia circa 2,5 miliardi di litri d'acqua potabile l'anno - una quantità pari a quella consumata in dodici mesi da una cittadina di 50mila abitanti - sono utilizzati per lavare autovetture nei tanti piccoli autolavaggi «artigianali» irregolari del nostro Paese. Uno spreco enorme, inammissibile in un momento come questo». A denunciarlo è Roberta Innocenti,imprenditrice e Presidente nazionale di Assolavaggisti, l'associazione che riunisce le imprese - regolari - di autolavaggio italiane. Un business per ovvie ragioni sotto assedio. L'emergenza idrica sta spingendo le amministrazioni locali a prendere provvedimenti, a volte draconiani, contro lo spreco d'acqua. A Castenaso, alle porte di Bologna,il sindaco Carlo Gubellini ha vietato con un'ordinanza il secondo risciacquo dal parrucchiere. A Tolentino si può innaffiare solo tre giorni alla settimana, e di notte. Lo stesso a Udine, dove si chiede alla cittadinanza di limitare anche la pulizia di cortili e piazzali.

 

 

Molti comuni, poi, hanno già vietato il lavaggio delle autovetture, con l'esclusione di quello svolto da impianti di autolavaggio regolarmente autorizzati. «Peccato», commenta Innocenti, «che i piccoli lavaggi irregolari, in particolare nelle grandi città, continuino a lavorare indisturbati». In Italia, spiega Innocenti, ci sono solo 12mila stazioni di lavaggio a norma. Si tratta di imprese dotate dell'Autorizzazione Unica Ambientale obbligatoria, che seguono procedure molto complesse per garantire la sostenibilità ambientale e che hanno investito somme ingenti per essere in regola con la normativa. «Gli autolavaggi regolari utilizzano acqua non potabile, prevedono il riciclo di circa il 70% di quella usata e recuperano i fanghi, poi smaltiti da ditte specializzate, usando saponi e cere a basso impatto ambientale. E se non raggiungiamo i parametri previsti, paghiamo multe salate». La realtà degli autolavaggi artigianali, invece,è ben diversa. «In Italia ce ne sono 10mila, di cui quasi mille solo a Roma. Perla maggior parte, sono attività senza autorizzazione ambientale, aperte semplicemente con la presentazione di una Scia, la segnalazione certificata di inizio attività, che usano l'acqua condominiale e poi scaricano nelle fogne pubbliche degli stessi edifici, ormai inquinate per la presenza di oli minerali, prodotti chimici e detergenti».«Una massa d'acqua inquinata che potrebbe riempire un porto turistico», chiosa Innocenti.

 

 

Che insiste sulla necessità di controlli più stringenti anche per gli autolavaggi artigianali. E non solo per evitare sprechi. «In queste attività spesso non sono osservate le norme relative al corretto smaltimento dei rifiuti speciali e della sicurezza nei luoghi di lavoro. Come se non bastasse in questi piccoli lavaggi - ed è sotto gli occhi di tutti- spesso vengono impiegati ragazzi immigrati, senza alcun contratto di lavoro stabile. Si stima un "esercito" trai 15 ed i 20mila lavoratori con una evasione contributiva di oltre 200 milioni l'anno. Una vera e propria emergenza, non solo idrica, ma anche sociale: occorre intervenire legislativamente, per evitare che attività così impattanti con l'ambiente possano essere autorizzate con semplice Scia e, allo stesso tempo, avviare un'azione di risanamento e di conformità alla normativa ambientale anche per questi piccoli lavaggi».

 

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