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Senza gas russo scattano i razionamenti. Piano d'emergenza: niente lampioni e due gradi in meno

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Razionamento della fornitura alle aziende, meno ore di illuminazione pubblica, riscaldamenti ridotti. Queste alcune delle misure previste dall'Italia in caso di stop totale del gas russo. Insomma, se Vladimir Putin ci stacca il gas, scattano i razionamenti e l'Italia, tra l'altro, dovrà affidarsi ancora alle centrali a carbone per la produzione di elettricità. A fare il punto sui tre livelli di allarme energia dell'Italia è Repubblica che spiega che siamo ancora la primo step. Ma cosa succederebbe in caso di blocco della fornitura?

 

Il piano di emergenza del governo di Mario Draghi prevede che le sei centrali a carbone ancora in attività, che dovevano chiudere tra tre anni, aumentino la produzione. Nelle ultime settimane hanno raddoppiato gli standard produttivi degli ultimi anni e hanno coperto  fino all'8% del fabbisogno. 

Tra i primi a subire lo stop energetico in caso di impennata del livello d’emergenza saranno le aziende energivore. Il piano prevede l'interruzione delle forniture per un periodo limitato a cementifici, acciaierie, imprese dedite alla produzione di ceramica al vetro. Si potrà inoltre mettere mano alle riserve. 

 

Sul piano dei consumi si stringerà l'austerity. Allo stato attuale, fino al 30 aprile 2023 le temperature negli uffici pubblici non potranno essere superiori ai 19 gradi di inverno e sotto i 27 d'estate ma il governo è pronta a ritoccare i limiti fino a due gradi e a limitare il numero di ore di accensione. Dal punto di vista dell'illuminazione pubblica lampioni spenti "sulla rete stradale cittadina ed extra-urbana" e niente luce su monumenti ed edifici storici.

 

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