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Biennale di Venezia, delusione per il Padiglione Italia. "Brutto e costoso", bufera per l'opera da due milioni di euro

Gabriele Simongini
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Troppo spazio e troppi soldi generano mostri. È quel che accade, tristemente, nello sponsorizzatissimo Padiglione Italia alla Biennale di Venezia, con un solo artista protagonista, Gian Maria Tosatti, scelto dal curatore Eugenio Viola. Intitolato poeticamente «Storia della Notte e Destino delle Comete», l’allestimento di oltre duemila metri quadrati è il trionfo della desolazione, della povertà di idee e soprattutto è pretenzioso, ricostruendo con troppa artificiosità una fabbrica dismessa che testimonierebbe il crollo del sogno industriale italiano diventando anche, in corso d’opera, secondo l’umile e profetico artista, un emblema dei posti di lavoro lasciati frettolosamente per fuggire da Kiev o da Odessa bombardata, oltre che un simbolo del destino dell’umanità.

Tutto questo è costato circa due milioni di euro e ci si chiede come siano stati spesi questi soldi: seicentomila euro del Ministero della Cultura, un milione da Valentino ed il resto da un elenco talmente lungo di sponsor che occuperebbe una pagina intera. 

Oltre tutto, questo squallido allestimento teatrale, in cui l’artista non sa dominare lo spazio, avrebbe semmai dovuto trovare posto alla Biennale Teatro e non in quella delle Arti Visive. Fin dall’ingresso, rigorosamente contingentati uno alla volta, i visitatori disorientati trovano cartelli che ordinano il silenzio, per poi addentrarsi fra tubi penzolanti dall’alto e macchinari dismessi, fino ad arrivare alla sala più eloquente, dove una sfilata di vecchie macchine per cucire ci parla del crollo industriale italiano, scopiazzando una famosa installazione di Kounellis presentata a Cuba nel 2015 e che aveva ben altra potenza. Non manca il marchio di fabbrica, è il caso di dirlo, dell’artista, con una rete di un letto abbandonato e tanta polvere. Ma c’è una speranza, sembra dirci Tosatti, partito dalla celebre dichiarazione di Pasolini «darei l’intera Montedison per una lucciola».

Alla fine del percorso fondato sul nulla, ecco una distesa d’acqua nel buio (idea attinta dall’opera di Giorgio Andreotta Calò nel bel Padiglione Italia del 2017) e in lontananza lo scintillio di lucette che evocherebbero appunto le lucciole. E allora il vero Padiglione Italia va invece cercato nel Padiglione di Malta dove è ospitato il bravissimo nostro compatriota Arcangelo Sassolino capace di dire molto con poco, nell'installazione ambientale che produce gocce di acciaio fuso che cadono dall’alto in sette vasche riempite d'acqua: il metallo fuso crea una luce vivida e al contatto con l'acqua sibila, si raffredda e si ritira nell'oscurità, parlandoci del ciclo infinito della vita e della morte. 

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