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L'Europa paga la prima rata del Pnrr: 21 miliardi di euro. Ma la metà sono cambiali

Filippo Caleri
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Arrivano i soldi veri dall’Europa. Quelli per finanziare il Piano di ripresa e resilienza che dovrebbe, per ora solo a parole, risollevare le economie degli Stati Ue fiaccati dal Covid. Ieri Bruxelles ha inviato un bell’assegno al ministero dell’Economia. Una prima rata da 21 miliardi di euro. Ma più della metà sono cambiali da pagare nel futuro. Una nota del Mef spiega che l’importo versato «ha un valore complessivo di circa 24,1 miliardi, con una parte di contributi a fondo perduto pari a 11,5 miliardi e una di prestiti pari a 12,6 miliardi».

Sono risorse che rappresentano una bella iniezione di liquidità per il rilancio del sistema economico. Ma inutile farsi illusione o suonare fanfare di vittoria. Sempre di debiti si parla. Saranno probabilmente contabilizzati con una diversa indicazione nell’enorme fardello che grava sul bilancio pubblico. Sono finanziati con emissioni di Bruxelles per conto di tutti i paesi membri. Ma sono sempre fidi. E sulla base delle norme, qualunque siano quelle applicate, se qualcuno presta soldi, chi li riceve, deve ripagarli. Così non è difficile immaginare chi sarà a farlo: in maniera più o mena diretta i cittadini italiani. Certo, che la dote del Pnrr fosse composta anche da una parte di prestito era chiaro fin dalla stesura del piano. E dalle colonne de Il Tempo non mancarono critiche sulla scelta di usare il mix di fondo perduto e finanziamenti da ridare, visto il livello di indebitamento già presente nel settore pubblico. Ma allora l’idea di portare a casa qualcosa fu vincente.

Ora bisogna sperare che almeno anche i soldi a prestito vadano a buon fine. Finora si è visto, infatti, ancora poco. Sia in realizzazione di opere sia in progettazione strette entrambi tra vincoli e scarsità di risorse umane. Sì, perché quanto ai soldi, un po’ di cassa l’avevamo già avuta lo scorso agosto sotto forma di prefinanziamento, sinonimo di anticipo da scontare nelle rate successive (la prima delle quali arrivata proprio ieri). Soldi che Bruxelles si è già trattenuto. «L’importo effettivamente versato di 21 miliardi (suddivisi fra 10 miliardi di sovvenzioni e 11 miliardi di prestiti) è al netto di una quota che la Commissione trattiene su ogni rata di rimborso, pari al 13% del prefinanziamento ricevuto ad agosto 2021 dall’Italia».

Quindi non solo cambiali ma anche trattenute su quanto già erogato. Soldi quelli ricevuti lo scorso anno che comunque, per ora, sono ancora ben stretti nella casse del Tesoro. Si perché non è un segreto che i colli di bottiglia tra le amministrazioni, le competenze sulle autorizzazioni di spesa accentrate solo in un ufficio della Ragioneria dello Stato, la mancanza di coordinamento e condivisione dei grandi progetti, sommata alla burocrazia, hanno lasciato il Pnrr ancora allo stato di intenzioni e idee. Almeno per le opere visibili. Una situazione che non è sfuggita ai guardiani di Bruxelles che, sull’uso dei fondi Ue da parte dell’Italia non riesce mai a fidarsi pienamente. Forse questo ha giocato a favore del consiglio dei ministri di ieri. Sul tavolo doveva arrivare il testo del nuovo decreto bollette. Ma è stato rinviato per discutere il provvedimento per facilitare l’attuazione del Pnrr. Se c’è bisogno di rendere più agevole il percorso del piano è evidente che il meccanismo non funziona. E allora, è il ragionamento che circola nelle stanze del potere, è: meglio far vedere che ci si sta dando da fare per accelerarlo. Così per evitare intoppi e discussioni inutili nelle diverse anime della maggioranza il provvedimento è stato ben pulito dalle possibili manine, specializzate nell’inserire normette che poco hanno a che fare con i titoli degli atti che entrano al cdm. Bisogna fare bella figura con l’Europa. Che i soldi li ha inviati, cambiali comprese. Dunque si approva tutto senza fare rumore e polemiche. Poi si vede.
 

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