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Pietro Diomede e la battuta choc su Carol Maltesi, lui non si pente: la verità più disgustosa

Christian Campigli
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Una battuta disgustosa. Impregnata di un bieco maschilismo. E che non fa ridere nessuno. L'uscita del comico Pietro Diomede, artista (ammesso che questa parola abbia ancora un senso collegata al nativo di Follonica) legato alla trasmissione televisiva Zelig, continua a far discutere. Quella sua freddura (“che il cadavere di una pornostar fatto a pezzi venga riconosciuto dai tatuaggi e non dal diametro del culo non gioca a favore della fama della vittima”) riferita a Carol Maltesi e lanciata su Twitter ha un solo merito, in un mare di squallore: aver acceso un autentico dibattito su una serie di preconcetti, ancora duri a morire in Italia.

 

 

Un Paese che, al di là di leggi sulle quote rosa, le panchine dedicate alle vittime di femminicidi e gli interminabili dibattiti sulla parità di genere, continua ad essere guidato da un preciso filo conduttore: le donne che rompono gli schemi, che sono diverse dall'immagine della romantica casalinga tutta dedita al marito e ai figli, sono un'anomalia difficile la digerire. Perché quel cinguettio non solo se ne infischia del dolore dei parenti e degli amici della povera Carol, ma sottintende, più o meno volutamente, che “chi va con lo zoppo, impara a zoppicare”. Diomede non afferma espressamente che la pornostar se la sia cercata. Ma riesce, magari involontariamente, a instillare quel dubbio. E soprattutto non si pone nemmeno lontanamente l'interrogativo su quali siano i reali motivi di quella scelta professionale così estrema. Di quale sia il vissuto della ventiseienne. Il suo passato.

 

 

No, l'equazione, semplice, banale e purtroppo condivisa da molti nostri connazionali (anche quelli con una scintillante laurea in tasca) è che se fai la pornostar sei per forza una “donna di malaffare”, come si diceva un tempo. Nemmeno la morte, nemmeno lo sfregio di quel corpo senza vita ha fermato Diomede. La satira deve essere irrispettosa e pungente. Ma lo deve essere contro chi esercita il proprio potere sui più deboli. Non nei confronti di una donna, colpevole solo di aver recitato in alcuni film hard.

 

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