
Mosca ci rinfaccia gli aiuti durante il Covid, fino a dove si spinge l'ambasciatore russo in Italia: inquietante

L'ambasciatore russo in Italia, Sergey Razov, presenta querela contro un articolo di giornale, e quella che doveva essere una breve dichiarazione sull'esposto, si trasforma in una conferenza stampa sulla crisi ucraina, con decine di giornalisti, assiepati davanti al tribunale di Roma, a fare domande al diplomatico.
"Ogni giorno vedo foto sull'Ucraina, la vera provenienza delle quali è dubbia - sostiene Razov - e ogni dichiarazione russa viene vista come minaccia, anche se tacciamo". Anche sul nucleare, dovreste "leggere attentamente le comunicazioni ufficiali - dice ai giornalisti - perché non c'è nessuna minaccia da parte della Russia, ma solo una riflessione su scenari possibili in caso di pericolo per la sicurezza del Paese".
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Nella querela si ipotizza l'istigazione a delinquere e l'apologia di reato in relazione a un articolo pubblicato da La Stampa il 22 marzo scorso: "Nel titolo - spiega l'ambasciatore - si considera la possibile uccisione di Putin. Questo è fuori dall'etica, dalla morale e dalle regole del giornalismo. Per questo chiedo alla magistratura italiana di esaminare il caso, e confido nella giustizia di questo Paese".
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"Consiglio all'ambasciatore russo di scegliere un traduttore di qualità migliore", si è difeso l'autore dell'articolo, Domenico Quirico, a LaPresse, aggiungendo che "uno è responsabile di quello che scrive, non di quello che gli altri capiscono". Un'azione che il direttore della testata torinese Massimo Giannini ritiene "allucinante, un po' mi rattrista e un po' mi indigna - replica - che noi si debba rispondere all'ambasciatore di un paese che ora sta facendo una sporca guerra". Duro anche il presidente dell'Ordine nazionale dei giornalisti, Carlo Bartoli: "Non accettiamo lezioni di deontologia da un Paese dove chi espone le proprie idee può essere punito con 15 anni di carcere", ha affermato a LaPresse. Solidarietà e sostegno anche dalla politica, con i messaggi dei segretari del Pd, Enrico Letta, e di Azione, Carlo Calenda.
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Per quanto riguarda i rapporti tra Italia e Russia: "Sono da otto anni a Roma - racconta - Ho lavorato con i governi Letta, Gentiloni, Conte e ora con Draghi. In questi anni, abbiamo fatto di tutto per costruire ponti e sviluppare e rafforzare la collaborazione sui fronti dell'economia, della cultura e in molti altri. Ma con rammarico, devo constatare che tutto questo è ora rivoltato".
Razov sottolinea che le sanzioni contro Mosca, "oltre 5000 dal 2014", sono "drastiche e senza logica", si dice "preoccupato" per la "distribuzione, senza controllo, di armi italiane in Ucraina, anche ai civili", e sulla durata della guerra, dichiara: "Finirà quando saranno compiuti gli obiettivi definiti dal presidente prima dell'operazione militare speciale. Prima è, meglio è. Sono in corso trattative e contiamo su un esito positivo".
A Mariupol sono stati bombardati "solo obiettivi militari", afferma, "per i civili, vengono organizzati dai militari russi dei corridoi umanitari". "Dovreste sentire le due parti e non solo i messaggi propagandistici che vengono divulgati da parte Ucraina", chiosa, aggiungendo che le forze di Kiev "continuano ad attaccare e uccidere civili in Donbass".
Infine, per quanto riguarda la missione russa in Italia del 2020, attivata all'inizio della pandemia, si è svolta prevalentemente a Bergamo, allora epicentro dell'emergenza, "seguendo le indicazioni dell'Italia ed è terminata quando lo ha deciso l'Italia", evidenzia. "Al popolo italiano è stata tesa una mano di aiuto, che qualcuno ora morde in modo poco onorevole", conclude.
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