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Ursula piccona la casa? Draghi batta un colpo prima che le ipotesi diventino realtà

Franco Bechis
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Rieccola quell'Europa che un tempo ci faceva soffrire e da un anno circa improvvisamente era divenuta materna, con quel borsellino aperto pronto a prestarci e perfino a donarci i celebratissimi soldi del Pnrr. Ora proprio da lì e sembra con la sostanziale assenza del nostro governo e dei nostri valorosi rappresentanti nella commissione europea sta per arrivare una botta non da poco sul bene principale di cui gli italiani dispongono: la casa.

 

La prossima settimana Ursula von der Leyen e i suoi ministri approveranno una robusta revisione della direttiva Epbd, sul rendimento energetico dell'edilizia di edifici pubblici e privati. Nella bozza che sta circolando il testo rischia di essere una bomba sul patrimonio edilizio italiano, che non è proprio giovanissimo e anche per questo in gran parte rientra nella classe energetica G, che è la peggiore della relativa scala. Non dico che ci sia da gloriarsene, ma fare cambiare radicalmente la struttura edilizia di un paese non è questione rapida, né indolore. Di fatto sia nell'edilizia pubblica (dal 2027) che in quella privata (dal 2030) secondo la direttiva dovranno diventare fantasmi fuori dal mercato tutti gli edifici in classe G, con divieto sia di vendere che di affittare l'immobile anche se si dovesse trattare di un rinnovo di contratto con lo stesso inquilino. Tre anni dopo stessa sorte agli edifici in classe F, quella appena superiore, e man mano si salirà di livello fino al 2050.

 

Sono date non così lontane e onestamente la tabella di marcia sembra del tutto irrealistica per il mercato dell'edilizia italiana e diventerebbe una botta notevole ai proprietari di casa, che sono la maggioranza dei cittadini di questo paese. Una situazione molto diversa da quella di altri paesi, dove la proprietà immobiliare delle famiglie è assai meno estesa e proprio per questo ci sarebbe da attendersi un intervento in tackle da parte del governo di Mario Draghi con un veto italiano a un testo così duro della direttiva. Se come ha detto più volte il premier non è il momento di chiedere soldi agli italiani e semmai bisogna mettergliene di più in tasca, rendere inutilizzabile gran parte del patrimonio residenziale privato e pure parte di quello pubblico sarebbe identico a tassarlo pesantemente come parte della maggioranza politica vorrebbe fare.

 

Secondo la Ue i governi nazionali possono anche finanziare con i vari programmi europei, a cominciare dal Recovery Plan, questa maxi operazione di efficientamento energetico degli edifici. In Italia già lo si sta facendo con il superbonus 110%, che ha come condizione per ottenerlo il progresso di almeno due classi energetiche dei vari edifici. Al momento però risulta ancora che il 61% degli edifici italiani sia classificato agli ultimi due gradini della scala, e la maggiore parte di questi in classe G. Gli effetti del superbonus ancora non si vedono nelle statistiche Istat-Enea, e si potrà ragionarne solo a operazione compiuta.

 

L'intenzione di questo governo però fin dal suo primo giorno è stata quella di stringere le maglie di questa misura, anche facendo rumoreggiare parte della sua maggioranza, e solo con qualche emendamento in corso alla legge di bilancio si sta registrando qualche riapertura (ad esempio sulle villette, riammesse al beneficio anche prescindendo dai limiti di reddito). Però con la misura che via via si chiude non si può accettare un testo della direttiva così tranchant nei contenuti e nella tempistica.

E se gli euro-burocrati non lasceranno spazio di intervento, bisognerà non applicarla come viene richiesto, preferendo pagare qualche multa per i ritardi piuttosto che rovinare la casa agli italiani. C'è ancora spazio per fare la voce grossa e cercare intese con altri paesi a cui la direttiva e la sua tempistica potrebbero creare problemi. Per farlo però bisogna che il governo ci metta testa con grande urgenza. Come finora non ha fatto.

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