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Non vuole mettere il velo islamico: massacrata di botte a Roma. Calci, schiaffi e minacce a una quattordicenne

Francesca Musacchio
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Picchiata dalla famiglia perché non voleva indossare il velo. È accaduto a Ostia, sul litorale romano, dove una 14enne originaria del Bangladesh risiede con la famiglia. La giovane sabato si è rivolta ai carabinieri della stazione locale dopo l’ennesima violenza subita dalla madre e dal fratello di 17 anni. Stando a quanto riferito ai militari, che hanno raccolto la denuncia, la ragazza era oggetto di continue violenze perché rifiutava di comportarsi e vestirsi secondo i dettami della religione. Una situazione che, a suo dire, andava avanti da mesi perché i familiari non accettavano la sua «ribellione». E per questo avrebbero anche minacciato di riportarla in Bangladesh se non avesse ubbidito e rispettato la rigida educazione basata su precetti della religione islamica. Un inferno che la ragazza non voleva più vivere. Quando è arrivata dai carabinieri, infatti, avrebbe dichiarato di aver paura al punto da decidere di rivolgersi ai militari per chiedere aiuto. L’ultimo episodio di violenza, infatti, si sarebbe consumato proprio sabato scorso quando il fratello l’avrebbe spinta contro un mobile causandole un lieve trauma cranico. Ma prima di questo episodio sarebbero state numerose le vessazioni subite anche da parte della madre di 39 anni: calci, schiaffi e minacce. Dopo l’ultima violenza, però, è scappata di casa e si è diretta dai carabinieri dove è stata raggiunta anche da una insegnate della scuola che frequenta. A quel punto, i carabinieri hanno portato la giovane al pronto soccorso dell’ospedale Grassi dove i sanitari hanno riscontrato i segni delle violenze subite. Oltre al trauma cranico, la 14enne aveva numerosi graffi sulla fronte e altre escoriazioni. Dopo le medicazioni è stata dimessa con 15 giorni di prognosi.

 

 

I carabinieri hanno raccolto la denuncia della ragazza e inviato un’informativa sia alla Procura ordinaria che a quella dei Minori. Le ipotesi di reato sono maltrattamenti in famiglia e lesioni personali. Le indagini per ricostruire l’accaduto sono in corso, ma nel frattempo la ragazza è stata allontanata dalla famiglia e si trova in una struttura protetta. La storia dell’adolescente di Ostia ha riportato alla mente la terribile storia di Saman Abbas, la giovane di 18 anni di origini pakistane scomparsa a fine aprile scorso da Novellara (Reggio Emilia) perché si era opposta al matrimonio combinato dalla famiglia con un uomo più grande di lei. Gli investigatori sospettano che la ragazza sia stata uccisa e fatta a pezzi. Nonostante le ricerche non sono ancora stati ritrovati i suoi resti. Per la scomparsa di Saman sono indagati i genitori (fuggiti in Pakistan) e tre cugini. Una storia simile a quella della 14enne di Ostia si è verificata ad aprile 2020 in provincia di Messina, dove un’altra giovane donna ha denunciato le violenze subite dai familiari perché non voleva indossare il velo. Una situazione che in alcuni paesi, come l’Iran, è la quotidianità.

 

 

L'attivista anti-regime, Masih Alinejad, di recente ha pubblicato un video dove una donna senza velo viene fermata per strada con un un bastone da accalappiacani, immobilizzata e arrestata. Quanto accaduto a Ostia ha innescato una serie di reazioni. Per Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, è «una vicenda indegna. E questo è solo uno dei tantissimi casi che, quotidianamente, riguarda giovani maltrattati dai genitori in virtù dei dettami fondamentalisti - ha aggiunto - È inaccettabile: nel nostro Paese non c'è spazio per chi non è in grado di rispettare la nostra cultura e civiltà. La mia solidarietà alla giovane, ora fortunatamente ospite di una struttura protetta». Dello stesso avviso il senatore della Lega, William De Vecchis: «Episodi così drammatici sono intollerabili per una democrazia come la nostra che nella sua legge fondante, la Costituzione, prevede il rispetto delle diversità, delle differenti opinioni e della scelta religiosa. Ora spazio alla magistratura che farà luce sui contorni di una vicenda ancora poco chiara e, se verranno accertate, che i colpevoli paghino per le loro responsabilità; va detto però con chiarezza che il fanatismo religioso islamista è incompatibile con la nostra comunità nazionale, già segnata da angoscianti vicende passate tristemente alla cronaca». Mentre Yassine Lafram, presidente dell'Unione delle comunità islamiche d'Italia (Ucoii), contattato da LaPresse, condanna la vicenda ma mette in guardia dal rischio di «islamizzare le notizie». Quello «della violenza domestica, di genere e dei genitori sui figli - avverte - è uno dei mali della nostra società, un problema trasversale, al di là della propria fede di appartenenza».

 

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