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Green pass, a Trieste manifestavano per la libertà rischiando di toglierla a tutti

Andrea Amata
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A Trieste dopo le manifestazioni No Pass si è registrato un aumento dei contagi, ponendo i contestatori come vittime di se stessi e attori di un paradosso: protestavano per la libertà ma alcuni di essi si ritrovano confinati per ragioni sanitarie in seguito alla contrazione del virus. Evidentemente invocavano la libertà sbagliata, cioè quella di infettarsi ed infettare con il rischio di reiterare per il capoluogo friulano le misure restrittive più penalizzanti per la comunità locale.

 

Il sindaco di Trieste Roberto Dipiazza e il prefetto Valerio Valenti per scongiurare l’impennata dalla curva epidemica hanno adottano la linea dura contro i ribelli del certificato verde Covid-19, vietando la Piazza Unità d’Italia fino al 31 dicembre alle manifestazioni di protesta. «Chi violerà questo divieto sarà punito con ammende molto importanti» ha dichiarato Dipiazza.

Il provvedimento interdittivo verrà sicuramente annotato come lesivo del diritto costituzionale alla libertà di espressione e non verranno risparmiati gli alati sofismi sulla prevalenza di alcuni valori rispetto ad altri in un concerto di voci ignare, però, della vera libertà che tutti dovremmo proteggere, preservandola dagli attacchi del subdolo aggressore.

 

Oggi siamo più liberi grazie al vaccino e allo strumento del green pass che ha stimolato gli agnostici alla somministrazione del siero immunizzante.

Il prefetto Valenti durante la conferenza stampa congiunta con il sindaco Dipiazza è stato laconico nel motivare la misura che preclude temporaneamente la piazza alle manifestazioni di protesta: «Nel bilanciamento degli interessi per me prevale il diritto alla salute sul diritto a manifestare. Occorre individuare, e lo faremo in una riunione del Comitato di sicurezza pubblica che si terrà oggi, forme che non reprimano questo diritto ma lo comprimano alla luce delle evidenze scientifiche. È un’operazione difficile perché deve essere affiancata da un principio di effettività delle misure messe in campo. Occorre adottare provvedimenti che anticipino gli obblighi che scattano con la zona gialla».

 

Ancora più dura la posizione del sindaco di Trieste che ha prefigurato l’obbligo di mascherine anche all’aperto e assunto l’impegno rigoroso di impedire che si ripropongano cortei di protesta senza il rispetto dei protocolli di sicurezza tuttora vigenti.

Così si è espresso Dipiazza: «Spingeremo perché sia stabilito che il peso di eventuali nuove restrizioni gravi solo su coloro che non sono vaccinati, perché sono dei disertori. Se questa è una guerra, in una guerra c'è chi ha paura, non combatte, viene messo al muro e fucilato. Qui non fuciliamo nessuno, ma il peso di eventuali nuove restrizioni deve gravare esclusivamente su questi disertori, che mettono a rischio la salute di tutti. La pazienza è finita».

Parole dure ed anche iperboliche in alcuni passaggi che testimoniano il senso di una tensione che le istituzioni locali vivono quando si prospetta una recidiva del virus che avrebbe conseguenze devastanti per la sostenibilità ospedaliera e l’economia di un territorio interessato dalla recrudescenza epidemica.

L’Italia si sta dimostrando un paese virtuoso nell’accesso alla vaccinazione tanto che, considerando solo gli over 12, la percentuale dei parzialmente protetti è del 86,34% mentre l'82,91% è completamente vaccinato. Dunque i «verificazionisti» sopravanzano nettamente sulle aree dello scetticismo che è doveroso rendere innocue nell’interesse supremo del benessere generale.
 

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