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Alleanza contro il melanoma

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Damiana Verucci
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L'emergenza sanitaria legata al Covid-19 da oltre un anno assorbe le energie e l'attenzione di chi si occupa di salute pubblica facendoci dimenticare, però, che la pandemia ha ripercussioni pesanti sul trattamento di altre patologie, tra cui quelle oncologiche, dove la tempestività della diagnosi è fondamentale per aumentare le possibilità di sopravvivenza del paziente. Ad esempio nel caso del melanoma, un tumore della pelle tra i più diffusi in Italia e che può essere molto aggressivo.

Per questo nasce il progettoLinkME, un network di eccellenza lanciato dall’Intergruppo Melanoma Italiano (IMI), l’Associazione scientifica multidisciplinare che tratta questo tipo di patologia e le problematiche attinenti - dall’epidemiologia alla prevenzione, dalla biologia alla diagnosi e alla terapia - con il contributo di Novartis. In pratica ci si prende cura del paziente, garantendo nell’intero percorso diagnostico-terapeutico, scelte appropriate e condivise grazie al team multidisciplinare presente in ciascun Centro di Riferimento. Perché proprio il melanoma? «In Italia – risponde il dott. Francesco Ricci, Responsabile Melanoma Unit Idi, Istituto dermopatico dell'Immacolata di Roma – i nuovi casi di melanoma sono aumentati del 20% in un solo anno passando da 12.300 nel 2019 a quasi 14.900 nel 2020 (maggiormente nel sesso maschile). I melanomi sono i tumori che hanno registrato il maggior incremento medio annuale».

E per sapere se si è affetti da melanoma il primo passo è la visita dermatologica. Ricci chiarisce: «Il dermatologo, osservando direttamente la pelle ad occhio nudo e con l'aiuto del dermatoscopio, lo strumento ottico di ingrandimento, valuterà, in maniera non invasiva, le caratteristiche dei nevi. Ulteriori esami strumentali di approfondimento, come la videodermatoscopia digitale o la microscopia confocale, potranno essere considerati nel caso di lesioni cutanee sospette».

Una volta avuta la diagnosi di melanoma un paziente deve muoversi rapidamente. «Dovrebbe rivolgersi ad un Centro di riferimento cioè ad un’istituzione che abbia esperienza nella gestione di questa patologia – chiarisce la dottoressa Federica de Galitiis, Direttore UOC Oncologia, dell'Idi - Circa la metà dei melanomi ha una mutazione di BRAF ed è necessario identificarla prontamente perché la presenza di questa mutazione consente l’utilizzo di farmaci anti-BRAF, sia con finalità adiuvanti sia nella malattia metastatica».

La terapia audiuvante, prosegue la dottoressa de Galitiis «è una terapia somministrata dopo la chirurgia, allo scopo di aumentare le probabilità di guarigione e ridurre il rischio di recidiva». Fondamentale però è che il Centro di Riferimento per il melanoma disponga di un team multidisciplinare con la presenza di diverse figure professionali, anche negli stadi precoci della malattia. «La Melanoma Unit dell’IDI è composta da un’équipe di Dermatologi, Oncologi, Chirurghi, Radiologi, Isto-patologi, Biologi molecolari e Ricercatori – prosegue il dott. Ricci - che collabora integrando le diverse competenze per ottimizzare il percorso di cura. Inoltre l’IDI aderisce al progetto LinkMe, che ha la finalità di rendere omogenei e qualitativamente adeguati i percorsi diagnostici e terapeutici ai pazienti affetti da melanoma su tutto il territorio nazionale».

Ma anche «di salvaguardare la salute dei pazienti garantendo scelte appropriate e condivise all’interno del team multidisciplinare. La gestione del melanoma nei Centri di riferimento ha la finalità di migliorare l’assistenza ai pazienti secondo necessità e tempistiche adeguate allo stadio di malattia».

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