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Squid Game alza il velo sui genitori che non siamo più

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Franco Bechis
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Forse a gran parte dei lettori non sarà capitato di vedere nemmeno un frammento di Squid game, la nuova serie tv sudcoreana prodotta da Netflix e molto popolare soprattutto fra i giovani. È la storia di un gruppo di disperati, falliti nella vita o per motivi assai diversi dal futuro incerto che accetta di partecipare a un terribile gioco di sopravvivenza che avrà in palio una cifra colossale (l'equivalente di 33 milioni di euro) con cui cambiare vita. I giochi da affrontare sono anche semplici, come quelli che tutti abbiamo fatto da bambini: un-due-tre-stella o simili. Ma chi sbaglia quei giochi viene ucciso da chi ne ha in mano la conduzione, e ognuno che cade sul campo fa alzare il montepremi finale. E' una trama drammatica, come lo fu qualche anno fa la saga cinematografica di Hunger Games, dove a tema era un altro gioco di sopravvivenza. Nella serie ci sono immagini crude, e vista la trama molta violenza. A qualcuno piace, ad altri no, e non ne scriviamo per consigliarla a chicchessia. Solo che Squid game è diventata subito di moda, ha contagiato i ragazzi e a quanto pare anche i bambini che non so come la conoscono e non solo ne discutono in classe, ma provano pure ad emulare le scene chiave nonostante tutta la violenza che ne promana. Hanno iniziato a preoccuparsene presidi e insegnanti, che hanno già tante difficoltà nelle loro scuole da non dovere aggiungere quella regalata a sorpresa da una moda del momento.

Qualche episodio di violenza pare si sia registrato, e la loro preoccupazione è che con Squid Game si getti ora benzina sul fenomeno già grave del bullismo a scuola. Comprendo il timore. Ma a insorgere sono stati anche i genitori o singolarmente o attraverso associazioni che li rappresenterebbero, che lanciano petizioni a Netflix per arrivare a bloccare quella serie in modo da essere sicuri che i loro bambini non vi incappino nemmeno per sbaglio. Si sono rivolti alla polizia postale, che però ha spiegato loro di non potere fare nulla di quello che chiedono: Netflix ha messo il divieto di visione ai minori di anni 14 e trasmette legalmente quelle puntate ai propri abbonati che le possono vedere attraverso telefonini, computer, tablet ed eventuali applicazioni presenti nel televisore. La polizia postale per venire incontro alle richieste dei genitori ha offerto anche un decalogo di consigli, che in sostanza dicono loro di non fare vedere quelle puntate a chi ha meno di 14 anni, visto che sarebbero vietate. E se qualche figlio ha quella età o poco più, meglio che un adulto la veda in anteprima e poi decida se è il caso di consentirne la visione. Se sì, «ricordate ai bambini/ragazzi che quanto rappresentato nelle serie è frutto di finzione e che la violenza non è mai un gioco a cui partecipare». Inoltre «tenete sempre vivo il dialogo familiare sui temi dell’uso delle nuove tecnologie con i ragazzi: ponete loro domande e ascoltate come la pensano. I nativi digitali hanno una visione differente da quella degli adulti e può essere utile conoscere il loro punto di vista sui rischi e sui fenomeni emergenti». Consigli molto saggi offerti con una pazienza infinita dalla nostra polizia. Ma che fanno cascare le braccia, perché davvero è scoraggiante pensare che siamo arrivati a questo punto.

Squid Game è un campanello di allarme, vero. Non su produzioni per la tv o il cinema troppo violente e con pericolo di emulazione: quelle sono sempre esistite. È un campanello di allarme sui genitori e il rischio educativo che non vogliono più assumersi. Certo che se si abdica alla vocazione genitoriale facendosi sostituire dalla tv, da un telefonino concesso in uso anche ai lattanti o poco più, a un baby-sitteraggio elettronico offerto pure senza istruzioni, il problema non può essere Netflix o quella produzione sudcoreana. Il problema siamo noi grandi davanti ai bambini e ai ragazzini, genitori o nonni che l'età ci conceda di essere.

Sono padre di tre figli ormai uomini e donne, e da tre anni ho la grazia di essere pure diventato nonno. Comprendo la fatica e la difficoltà di essere grandi davanti ai bambini, tanto più con il passare degli anni: hanno energie infinite, non li tieni fermi nemmeno alzando la voce, certe volte sfiniscono, ma quella esplosione di energia è anche la loro meraviglia. Verrebbe voglia ogni tanto di tirare il fiato e piazzarli davanti a una tv per respirare una mezz'oretta. Non c'è nulla di male nel farlo, ma serve un piccolo sforzo anche in quello facendo compagnia ai piccoli durante la visione di banali cartoni animati. Quanti incubi e paure possono suscitare quelli che ricordiamo come innocenti favole, dove spesso aleggia il mistero e il cattivo vero non manca mai. È quello che accade nella vita, che sarà esperienza di tutti e semplicemente a noi grandi tocca accompagnare quell'incontro anche con il male (o il dolore) - che c'è- per fare capire che si può affrontare e in qualche modo esorcizzare.

Se molti bambini oggi conoscono Squid Game e vogliono emulare anche quel che di brutto è contenuto nella serie, non puntiamo il dito su Netflix, ma guardiamoci allo specchio: come è potuto accadere che ne siano a conoscenza? Come che ne abbiano visto da qualche parte puntate intere o frammenti? È a questa nostra assenza e pigrizia educativa che bisogna porre rimedio, con tutta la fatica che essere genitori o nonni comporta. Ma anche con tutto lo splendore di questa possibilità.

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