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Sindrome da green pass: esercenti sfiniti, confusi, ansiosi e rassegnati. Caos sulle famiglie

Damiana Verucci
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La maggior parte dei ristoranti ha scaricato la App con cui potrà verificare velocemente il green pass esibito dalla clientela; nei bar campeggiano cartelli, ancora in realtà molto pochi, con cui si avverte che da «venerdì 6», oggi, solo chi è in possesso del green pass potrà accedere nel locale per consumare seduti. Le palestre, invece, hanno preferito inviare ai loro soci mail con lo stesso messaggio: chi non ha il passaporto vaccinale non potrà allenarsi. Oggi si parte. Ma quello che si sente ripetere più spesso tra i titolari delle attività di somministrazione è «speriamo bene». Stressati, sfiniti dai continui provvedimenti che la maggior parte delle volte colpiscono proprio loro rispetto ad altre attività produttive, raccolgono l’ennesimo obbligo con un sorrisetto amaro, ansia e soprattutto rassegnazione. Sì perché ancora non è tutto chiaro, i ristoratori si chiedono, per esempio, se è necessario oppure no verificare i documenti di identità al cliente in possesso del green pass e come comportarsi con i maggiori di 12 anni non vaccinati. Sulla carta non potrebbero infatti sedersi al tavolo, ma c’è chi nella categoria vocifera che sarà disposto a chiudere un occhio. Altri problemi non li vogliono, già il periodo che hanno attraversato è stato il più difficile della storia, figuriamoci se ci si può permettere di perdere altri clienti.

 

 

E con i turisti? «Come dobbiamo comportarci? - si chiede in modo retorico Vincenzo Colao, del ristorante Ripa 12 a Trastevere – se ci fanno storie, li mandiamo via? Il problema poi non si pone tanto oggi, che è estate e la gente siede all’aperto, ma quando inizierà a fare freddo e i clienti vorranno stare dentro, molta gente ancora ci dichiara di non essere vaccinata». E tanti chiedono di mangiare fuori già ora per questo motivo. «Da ieri ricevo richieste di prenotazioni all’aperto – spiega il titolare di Pizza Forum in via San Giovanni in Laterano – mi dicono apertamente che è perché non sono vaccinati. Consideri che io ho 12 posti all’esterno e 250 interni, per me potrebbe essere un problema questo green pass a partire dal prossimo autunno». Per Matteo, titolare del ristorante Tor Millina «si tratta dell’ennesimo scoglio per la categoria da superare, ma sempre meglio questo che lasciarci chiusi o chiuderci di nuovo. Se poi il green pass serve come incentivo per vaccinare più persone possibili, va bene così». Quanto alla paura di dover sopportare nuovi costi come paventato in queste ore, in pochi si sentono di dichiararlo apertamente a microfoni aperti. «Formare il personale è semplice, in realtà – risponde Matteo – basta dire loro che devono ricordare ai clienti di esibire il green pass se vogliono consumare al chiuso».

 

 

I più lo faranno già al telefono nel momento in cui prenderanno la prenotazione. Meno preoccupati i titolari dei bar, che hanno salve le consumazioni al bancone, così come l’asporto o l’uso della toilette. Non servirà in tutti questi casi esibire il passaporto vaccinale. Per quelli che hanno tavoli all’interno basterà, dicono, ricordare ai clienti il nuovo obbligo. Un balzello in più che infondo sembra poca cosa nel panorama degli adempimenti che gravano e hanno gravato fino ad oggi sulla categoria.

 

 

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