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Già 3 mesi da AstraZeneca? Per i ritardatari vale qualsiasi seconda dose di vaccino

Carlo Solimene
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Anche i «ritardatari» potranno ricevere la seconda dose di vaccino e avere così diritto al green pass. È il senso dell’ultimo messaggio recapitato alle Regioni dalla struttura commissariale per l’Emergenza Coronavirus guidata dal generale Francesco Paolo Figliuolo. Per «ritardatari» - anche se il Commissario nelle proprie comunicazioni usa un altro termine, «esitanti» - si intendono quelle persone che, dopo aver ricevuto la prima dose e aver fissato l’appuntamento per il richiamo, non si sono presentate. La casistica riguarda soprattutto chi è stato vaccinato inizialmente con AstraZeneca, ad esempio il personale docente che si è sottoposto all’iniezione con il farmaco anglosvedese quando ancora non erano state fornite indicazioni contro il suo utilizzo sotto i sessant’anni. Dopo i vari colpi di scena che hanno segnato la comunicazione sul siero a vettore virale, un certo numero di persone - impossibile stimare quante - hanno deciso di non sottoporsi al richiamo. Non fidandosi né di AstraZeneca né del cosiddetto «mix». A quel punto la struttura commissariale si è chiesta come considerare queste persone. Parzialmente immunizzate? Non immunizzate e quindi da invitare a cominciare da capo il ciclo? Per chiarire la questione lo scorso 12 luglio è stata inviata una lettera alla Commissione tecnico scientifica dell’Aifa. Che, lo stesso giorno, ha fornito una risposta chiara: anche a chi ha superato gli 84 giorni indicati come attesa massima per il richiamo di AstraZeneca può essere iniettata la seconda dose, che sia dello stesso farmaco o di un vaccino a Rna messaggero. Di conseguenza queste persone saranno considerate immunizzate completamente e avranno diritto al green pass.

 

 

Al tempo stesso l’Aifa non individua un nuovo limite di tempo, lasciando insoluta la questione della durata della difesa anticorpale dopo la prima dose. Una scelta prudente vista la mancanza di dati sulla questione. Da questo punto di vista, le linee di condotta vengono aggiornate di continuo, basti vedere l’annuncio fatto ieri dal sottosegretario alla Salute Andrea Costa: per le persone guarite dal Covid basterà una solo dose di vaccino entro 12 mesi dal primo tampone negativo dopo la malattia. La normativa attuale, invece, prevede un’unica dose entro sei mesi dalla guarigione e due se ne sono passati più di sei. Nella sua risposta alla struttura commissariale l’Aifa specifica anche di rimettersi al parere del Comitato tecnico scientifico costituito dal governo. Così il team di Figliuolo ha girato tutta la documentazione alla squadra guidata da Franco Locatelli chiedendo un parere entro il 20 luglio in assenza del quale si sarebbe proceduto con la logica del silenzio assenso. Il Cts non si è espresso e di conseguenza la nuova direttiva sui ritardatari è stata trasmessa alle Regioni. Le stesse Regioni che ora avranno il compito di risalire ai nomi delle persone che avevano disertato il richiamo. Un’operazione non proprio semplicissima.
 

 

 

Intanto continua a salire in Italia il numero dei contagi: ieri sono stati registrati 4.259 nuovi casi, 700 in più rispetto a martedì. Resta sotto controllo il numero delle ospedalizzazioni: sono 1.196 (2 in più dell’altroieri) i pazienti ricoverati nei reparti ordinari e 158 i posti di terapia intensiva occupati, 7 in meno di martedì. Sul fronte vaccini, sono 63 milioni le dosi somministrate dall’inizio della campagna e oltre 28 milioni di italiani hanno completato il ciclo. Secondo l’Istituto superiore di sanità, i sieri anti-Covid proteggono «all’88% dall’infezione, al 94% dal ricovero in ospedale, al 97% dal ricovero in terapia intensiva e al 96% da un esito fatale della malattia».

 

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