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Sparatoria di Ardea, insorge la criminologa Bruzzone: "Diverse responsabilità". Il sospetto sulla pistola

Elena Ricci
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Il 34enne che a colpi di pistola ha ucciso un anziano di 74 anni e due bambini, i fratellini David e Daniel di 5 e 10 anni, soffrirebbe da tempo di gravi disturbi psichiatrici e, stando a quanto riferito da diversi testimoni, avrebbe già adottato in passato condotte minacciose e violente per le quali sarebbe stato anche denunciato. Non è chiaro se il movente sia una vendetta, o un raptus improvviso. Gli investigatori al momento propendono per quest’ultima tesi. Il grosso punto interrogativo riguarda il possesso dell’arma che l’uomo avrebbe conservato dopo la morte del padre, guardia giurata, facendone perdere le tracce, motivo per il quale all’epoca è stata sporta una denuncia. Per Roberta Bruzzone, criminologa investigativa e psicologa forense «quell’arma bisognava cercarla meglio».

Dottoressa Bruzzone, cosa pensa di quanto accaduto ad Ardea? Di chi sono le responsabilità?
«Quello che è successo ieri mattina è inquietante, gravissimo, sia per la tragedia in sé, che per il fatto che questo soggetto fosse affetto da disturbi psichiatrici peraltro noti. Per avere un quadro preciso della situazione bisognerebbe capire se questa persona era seguita, da chi era seguita e in quanti sapevano. Le responsabilità potrebbero essere diverse».

A chi è demandata la gestione di soggetti affetti da disturbi psichiatrici?
«Le persone affette da problemi psichiatrici, anche in giovane età, sono completamente a carico delle famiglie, perché non è facile trovare strutture idonee e molto spesso loro rifiutano di sottoporsi alle cure».

 

 

La terapia farmacologica può bastare ad evitare tragedie come quella di Ardea?
«Alcuni casi di disturbi mentali sono molto difficili da gestire. Non conosco nello specifico il disturbo di cui è affetto l’uomo che ha sparato all’anziano e ai due bambini, ma da una prima veloce analisi, mi verrebbe da pensare a una grave forma di borderline. In questi casi, ad esempio, le terapie farmacologiche non servono. Queste persone, apparentemente normali, arrivano a commettere atti molto gravi. Si tratta di soggetti che non tollerano la minima frustrazione».

Nel caso di Ardea parliamo di un soggetto conosciuto, definito instabile e con un’arma al seguito. Secondo lei, questa strage poteva essere evitata?
«Mi permetto di dire che quest’arma, dopo la morte del padre, doveva essere cercata meglio, bisognava insistere, a maggior ragione se i problemi mentali di questo soggetto erano noti da tempo. Già di per sé la morte del genitore è indice di incremento del disagio psicologico, poi sparisce un’arma. Bisognava fare di più, bisognava cercare con estrema attenzione».

Un soggetto gravemente instabile e libero di circolare. Lo ricondurrebbe ad un problema di sanità?
«Io lo riconduco ad un problema di consapevolezza. I disagi psicologici sono sottovalutati, soprattutto in questo periodo dove si è pensato solo al Covid e non al resto. La mente umana non è una questione di serie B. Non c’è salute se non c’è salute mentale, il monito è quello di non sottovalutare il disagio di tipo psicologico - psichiatrico».

Come gestire allora un paziente psichiatrico?
«Se mi parla di gestione, faccio difficoltà a risponderle in maniera precisa perché ad oggi non esistono protocolli ufficiali. Questi soggetti sfuggono alle maglie del servizio sanitario mentale, non si vogliono sottoporre ai ricoveri e vivono in mezzo agli altri tranquillamente. Le famiglie sono abbandonate a loro stesse e sono ostaggio di queste persone. Sono soggetti che apparentemente funzionano, ma da un momento all’altro possono compiere una strage e sparare o accoltellare senza un motivo».

 

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