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Si scusa con le famiglie delle vittime, bufera sulle parole di Brusca

Francesco Patanè
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Non è trascorso nemmeno il tempo che si placasse l’onda dell’indignazione per la sua scarcerazione, che Giovanni Brusca ha riacceso le polemiche chiedendo perdono in un’intervista del 2016 con il regista-documentarista francese Mosco Levi Bocault per il film «Corleone», che racconta attraverso interviste e filmati d’archivio l’ascesa di Totò Riina ai vertici di Cosa nostra.

 

 

 

 

«Chiedo scusa, perdono, a tutti i familiari delle vittime, a cui ho creato tanto dolore e tanto dispiacere» ha detto il «macellaio di Capaci», l’uomo che ordinò di uccidere il piccolo Giuseppe Di Matteo e di scioglierlo nell’acido. Occhiali scuri, guanti e passamontagna per rendersi irriconoscibile, Brusca ha detto di aver cercato «di dare il mio contributo, il più possibile e di dare un minimo di spiegazione ai tanti che cercano verità e giustizia. E chiedo scusa principalmente a mia moglie e a mio figlio che per causa mia hanno sofferto e stanno pagando anche indirettamente quelle che sono state le mie scelte di vita, prima da mafioso e poi da collaboratore di giustizia perché, purtroppo, nel nostro Paese chi collabora con la giustizia viene sempre denigrato, disprezzato. Credo, invece, che sia una scelta di vita importantissima, morale, giudiziaria ma soprattutto umana perché consente di mettere fine a questo, che io chiamo Cosa nostra, una catena e una fabbrica di morte, né più né meno. Un’agonia continua».

Un’intervista che ha scatenato la rabbia di Nicola Di Matteo, il fratello del piccolo Giuseppe Di Matteo che solo ieri a LaPresse aveva dichiarato: «Spero che Brusca non provi nemmeno a chiedere perdono a me o alla mia famiglia, spero non osi fare anche un solo passo verso di noi».

 

 

 

 

Un’intervista su cui Maria Falcone non commenta preferendo lanciare un appello al governo e al parlamento. «La politica ora trasformi l’ondata d’indignazione per la scarcerazione di Giovanni Brusca nella riforma della legge sull’ergastolo ostativo che la Corte Costituzionale ha già sollecitato - sottolinea Maria Falcone - Voglio dire a tutti i nostri parlamentari e a tutte le forze politiche, molte delle quali peraltro votarono la legge sui pentiti voluta da mio fratello, che oggi hanno l’occasione per dimostrare che la lotta alla mafia resta una priorità del Paese e che possono, al di là delle parole, attraverso una normativa giusta, evitare scarcerazioni e permessi ai boss che mai hanno interrotto il loro perverso legame con l’associazione mafiosa».

Chi invece invoca un cambiamento molto più radicale della legislazione che regola le collaborazioni con la magistratura è il leader leghista Matteo Salvini che sottolinea come «chi ammazza deve stare in galera fino alla fine dei suoi giorni, senza sconti e senza scorciatoie. Questa è la legge ma diciamo che siamo nel 2021 e si può aggiornare. Chi ha sciolto nell’acido un bambino non può passeggiare libero come se nulla fosse».

 

 

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