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Strage di via D'Amelio, lo sfogo del sopravvissuto contro Michele Santoro: ha macchiato il nostro operato, noi scudo per Borsellino

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Michele Santoro macchia il lavoro dei funzionari della scorta che proteggeva il giudice Paolo Borsellino e che fino all’ultimo tentarono di salvarlo dalla Mafia. A dirlo è Antonio Vullo, l’unico agente di scorta sopravvissuto alla strage di via D’Amelio, presente in audizione davanti alla Commissione antimafia dell’Ars, che va contro il libro pubblicato dal giornalista: “Quello che mi ha ferito più di tutto in questa storia dell’ex collaboratore Maurizio Avola è come è stato presentato questo libro di Santoro, come se fosse tutta verità, senza avere una logica. Invece ci sono ancora indagini in corso. Anche perché Santoro è una persona capace, ma ha presentato Avola come se fosse la verità e ha macchiato anche il nostro operato”.

 

 

 «Noi abbiamo fatto da scudo al giudice Borsellino - aggiunge Vullo - e lo abbiamo fatto con dedizione e paura, lo abbiamo fatto con il cuore, perché il dottore Borsellino meritava di essere protetto in modo adeguato. Invece, fin da subito abbiamo visto che era solo e anche noi eravamo soli. Si stanno avvicinando alcune sentenze e quando si sta per arrivare a un punto per scoprire un po’ di più la verità, si torna indietro. Si fa di tutto per allungare i tempi… Tutte quelle persone che c’erano 30 anni fa, ancora le vediamo in giro, speriamo che si arrivi a un punto ben definito, abbiamo bisogno di sapere la verità«. Lo sportello dell’auto blindata di Paolo Borsellino era chiuso”.

 

 

Vullo smentisce ancora una volta le parole dell’ex collaboratore di giustizia Avola. Il Presidente Claudio Fava lo ha convocato il giorno dopo l’intervista in cui Vullo aveva spiegato che quanto raccontato dall’autore di una ottantina di omicidi di Mafia non era veritiero. “Sono l’ultima persona che ha visto lo sguardo di Paolo Borsellino, prima di dare il segnale per fare quella maledetta esplosione”, ha confidato il pentito al giornalista nel libro ‘Nient’altro che la verità’: “Lo sportello dell’auto del giudice Borsellino era chiuso - sottolinea ancora Vullo - l’unico sportello aperto era il mio, anche l’altra auto di scorta aveva lo sportello chiuso, il collega Walter Cosina era appoggiato sull’auto. Il giudice ha schiacciato il citofono esterno, una prima volta, il portone era chiuso, e i miei colleghi sono rimasti con il giudice al centro lui si è acceso la sigaretta e poi gli agenti si sono diretti con lui verso il cortile”. Vullo smentisce anche di avere visto un uomo in divisa, come invece ha detto Avola, nel libro di Michele Santoro. “Non abbiamo visto nessun altro poliziotto o uomo in divisa”, conclude Vullo nell’audizione.

 

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