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Prestavano soldi e chiedevano enormi tassi usurai. Sei arresti

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Sei arresti nell'ambito dell'operazione “Doppio debito”, coordinata dalla Procura della Repubblica di Asti, in cui oltre 40 militari della Guardia di Finanza di Torino hanno eseguito le misure cautelari detentive a carico di altrettante persone gravemente indiziate di associazione per delinquere dedita a usura, abusivismo finanziario, estorsione e truffa. In manette sono finiti i carmagnolesi Giacomo e suo figlio Carlo Lafleur, il torinese Osvaldo Laforè, Graziano Di Maio di Villafranca Piemonte, Nicolino Maccagnan di Moncalieri e una dipendente infedele della filiale Findomestic di Bra (CN), società estranea agli addebiti penali. Le indagini, coordinate dal Procuratore della Repubblica di Asti Dott. Alberto Perduca, dirette dal Sostituto Procuratore Dott. Gabriele Fiz e condotte dai finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Torino, hanno riguardato condotte che vanno dal 2018 alla fine del 2019 e hanno avuto pieno sviluppo durante tutto il periodo dell’emergenza COVID-19. L’attività investigativa avviata dai finanzieri ha permesso di far luce sull’esistenza di un’articolata associazione per delinquere avente base a Carmagnola e risultata operativa a Torino, Ivrea, Moncalieri, Cuneo e Bra, la quale, sotto le direttive di Giacomo Lafleur, applicava tassi usurari fino al 2.500%. Il core business dell’associazione era l’offerta sistematica e professionale di prodotti finanziari a soggetti bisognosi di denaro e che, nella maggior parte dei casi, non presentavano le condizioni per accedere al credito secondo procedure ordinarie. Le vittime erano imprenditori in difficoltà economiche - imprese edili, centri estetici, macellerie, pizzerie - ed anche casalinghe e disoccupati già indebitati, che tramite il “passa parola”, entravano in contatto con i componenti dell’organizzazione. Costoro si presentavano di volta in volta come “ex direttori di banca” o “agenti finanziari”, organizzando gli incontri in luoghi all’aperto, bar, centri commerciali. Peculiarità dell’organizzazione criminale consisteva nella capacità di proporre un vero e proprio “pacchetto completo” e di nascondersi dietro il finanziamento concesso da una finanziaria realmente esistente. Inizialmente il “cliente” veniva approcciato con toni affabili e cordiali e con l’assicurazione che avrebbe ottenuto una linea di credito da una società finanziaria. Gli si richiedeva la carta d’identità e un documento reddituale, quando esistente. L’organizzazione predisponeva quindi documenti artefatti (buste paga, CUD, dichiarazioni fiscali) per ottenere il credito, quasi sempre presso la Findomestic di Bra, ove una dipendente infedele e partecipe dell’organizzazione curava tutti gli adempimenti necessari, quantificava il credito concedibile e forniva finanche puntuali indicazioni sulle risposte da dare in caso di eventuali controlli. Una volta ottenuta la somma dalla finanziaria, l’organizzazione rivelava la propria vera natura pretendendo dalla vittima, in contanti, il “compenso” per i propri “servizi”: venivano applicati tassi usurari fino al 2500% in più rispetto a quelli leciti per l’attività di intermediazione, con richieste di pagamenti fino al 60% del finanziamento, anche con estorsioni e minacce. In breve, dopo aver pagato gli usurai, alle vittime restava solo una modesta residua parte dei soldi, a fronte dell’onere di dover corrispondere le rate per l’intera cifra ottenuta dalla finanziaria.

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