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Nessun movente passionale ma voleva torturarli. La verità sulla follia di De Marco

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Antonio De Marco ha confessato. «Sì, sono stato io», ha detto agli inquirenti che lo hanno interrogato per il duplice omicidio di Eleonora Manta, 30 anni, e Daniele De Santis, di 33. Lo studente ventunenne, aspirante infermiere, ha ammesso di aver ammazzato la coppia di fidanzati con 60 coltellate nel loro appartamento a Lecce il 21 settembre scorso. «Erano troppo felici»: così avrebbe motivato il gesto.

Vittime e carnefice sono stati coinquilini. Hanno condiviso lo stesso tetto da novembre 2019, salvo una breve pausa durante il lockdown. Ad agosto il padrone di casa, Daniele, ha chiesto ad Antonio di lasciare l’appartamento, dove lo studente aveva in affitto una stanza in nero. Il 33enne, di professione arbitro di calcio, avrebbe voluto ristrutturare l’immobile per viverci con la compagna: erano ormai adulti e desideravano un futuro insieme. È in quel momento che, secondo gli investigatori, Antonio avrebbe cominciato a pianificare il delitto: gli sarebbero bastate meno di due settimane. Ha traslocato ma si è tenuto una copia delle chiavi, le stesse con cui ha aperto la porta d’ingresso per fare irruzione armato in cucina. 

 

 

Il primo ad essere colpito è stato proprio Daniele. Al killer viene contestata una «fortissima premeditazione». L’arma, un pugnale da caccia, è stata acquistata per l’occasione. Nei giorni precedenti, circa una decina, ha ispezionato e mappato le strade che portano dal suo nuovo domicilio a quello degli ex coinquilini. Ha appuntato l’itinerario da seguire per evitare le telecamere su dei «bigliettini», come li chiama il comandante provinciale dei Carabinieri Paolo Dembech. Non solo: tra le annotazioni ci sono anche delle «rassicurazioni che De Marco faceva a se stesso, come pulire le tracce di sangue e rassettare i locali».

Non aveva, però, fatto i conti con una telecamera ad alta definizione, che lo ha ripreso in volto e incastrato lungo il tragitto. «Ma da quanto mi stavate pedinando?», ha detto ai carabinieri che, lunedì sera, lo hanno bloccato mentre usciva dall’ospedale. Secondo quanto emerso, lo studente non voleva "solo" uccidere. «Aveva in animo di legarli e verosimilmente torturarli», spiega il comandante. Per questo la sera del duplice omicidio aveva portato con sé delle fascette stringitubo. Il caso, però, non è ancora risolto. La maggiore difficoltà per chi indaga è ricostruire il movente. Al momento non è emersa la pista passionale. Il comandante Dembech è convinto che ci sia stato un evento scatenante: «Qualcosa che gli ha dato fastidio. Probabilmente era geloso e invidioso per la vita felice che facevano Daniele e Eleonora. Una felicità che, probabilmente, a lui era preclusa. Per questo si continua a scavare nei rapporti tra l’assassino e la coppia.

 

 

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