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Lyssavirus dal pipistrello al gatto. Cosa c'è da sapere dopo il caso di Arezzo

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Antonio Sbraga
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Il pipistrello colpisce ancora. Dopo il Covid19 è la volta del Lyssavirus. Niente paura, rassicura il Ministero della Salute, in questo caso «la capacità di trasmissione dal serbatoio naturale ad un’altra specie rappresenta un evento estremamente limitato, a cui non fa seguito una diffusione epidemica. Attualmente, non ci sono evidenze di trasmissione da animale a uomo». Ma il Lyssavirus è stato isolato ora in Italia, su un campione di cervello di gatto, morto ad Arezzo dopo aver morso la proprietaria. Si tratta di un virus della rabbia classica, scomparso in Italia da 7 anni, che in questa forma specifica era stata rinvenuta una sola volta, a livello mondiale, in un pipistrello del Caucaso nel 2002, senza che ne fosse mai stata confermata la capacità di infettare animali domestici o l’uomo.

 

La Rabbia classica è generalmente trasmessa dai carnivori domestici e selvatici e gli ultimi casi erano stati segnalati in Italia nella volpe rossa, dal 2008 al 2011. L’Italia è ufficialmente indenne dal 2013, ma questo nuovo caso ha messo in allarme i veterinari dell’Asl Toscana. Perché non è stato tanto il morso a preoccupare la proprietaria del gatto, quanto invece il comportamento anomalo del gatto negli ultimi giorni. Con un progressivo aumento dell’aggressività che ha via via stravolto il pacioso rapporto con l’animale domestico, regolarmente vaccinato. Dopo il morso, alla donna è stata praticata la profilassi antirabbica, mentre l’animale, adulto ma non troppo anziano, è stato trasportato presso l’ambulatorio specialistico per le malattie neurologiche della Valdinievole, nel Comune di Monsummano Terme. Fino al referto, rilasciato dal Centro di referenza nazionale per la Rabbia dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie, che ha analizzato il campione inviato dall’Istituto Zooprofilattico di Lazio e Toscana.

 

A titolo precauzionale, le persone che sono state a contatto con il gatto risultato positivo all’infezione sono state sottoposte a profilassi post-esposizione. E, presso il Ministro della Salute, è stato costituito un gruppo tecnico scientifico che ieri ha visto la partecipazione di vari esperti. 

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