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Metro C, i danni collaterali degli scavi

La Capitale è paralizzata da sette anni. E lo resterà (almeno) fino al 2024

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Ne è passato di tempo da quell'estate del 2000, quando l'ex sindaco Francesco Rutelli insieme al suo ex vice Walter Tocci, sull'aiuola accanto al Colosseo, quella che separa via dei Fori Imperiali dall'Anfiteatro Flavio, annunciavano in pompa magna, indicando il terreno sotto ai loro piedi: «Qui passerà la nuova linea della metropolitana di Roma. Qui inizieranno i lavori per i sondaggi archeologici della nuova tratta che collegherà il Centro storico all'estrema periferia est». «Quel giorno - ricorda il collega de Il Tempo Paolo Zappitelli, che allora seguiva per il quotidiano il Campidoglio ed era presente alla conferenza stampa del duo Rutelli-Tocci - noi cronisti rimanemmo perplessi perché era evidente che scavare sotto i nostri piedi, più giù dell'aiuola che in quel momento calpestavamo, sarebbe stata un'impresa quasi impossibile per via dei reperti archeolgici che le perforatrici avrebbero incontrato sul loro cammino». Ebbene, da quella conferenza stampa, che segnava l'inizio dei lavori, avviati realmente solo 7 anni dopo, sono passati 14 anni e mezzo, e la nuova metropolitana della Capitale, la «Metro C», è ancora un cantiere aperto la cui data di chiusura lavori è puntualmente slittata di anno in anno fino a data da destinarsi, moltiplicando i costi in maniera esponenziale così da renderla una delle opere pubbliche più costose al mondo. Senza contare gli effetti collaterali. E allora proviamo a sommare i danni alle infrastrutture preesistenti, quelli alle imprese commerciali soffocate da anni di oscurità dietro gli alti bandoni gialli che delimitano le aree dei cantieri, per non parlare delle ripercussioni sul già soffocante traffico fino alle bufale immobiliari di cui più di un cittadino è stato vittima a causa di un mercato del mattone, soprattutto in periferia, drogato dalla promessa di un'apertura di una stazione metro proprio in prossimità di nuovi quartieri che ancora attendono la prima corsa della «C». E poi ci sono i costi, il vero nodo cruciale della nuova metropolitana, che tra fondi erogati dallo Stato, dalla Regione Lazio e in ultimo dal Campidoglio, hanno già raggiunto la quota di 3,7 miliardi di euro. Materialmente, i lavori di escavo sono partiti solo nel 2007. L'allora amministrazione capitolina, guidata dal sindaco Walter Veltroni, comunicò alla cittadinanza, in un impeto di ottimismo, che nel giro di 3 o 4 anni i lavori sarebbero stati completati.   COMMERCIANTI AL COLLASSO Molti commercianti hanno combattuto, altri si sono lasciati convincere assistendo al montaggio delle aree di scavo a un metro dalle vetrine dei propri negozi. Oggi, la maggior parte di quegli esercizi commerciali è stato costretto a chiudere i battenti, alcuni per sempre, altri per trasferirsi da un'altra parte lasciando molti locali sfitti. Chi ha resistito all'ombra dei cantieri rimpiange di aver ceduto alle richieste della politica che chiedeva di pazientare. Ma gli anni, da quattro, sono diventati sette. Quest'anno, a ottobre, dovrebbe essere aperta una prima breve tratta che inizia e finisce in periferia. Nel frattempo decine di attività, tra cui bar, pizzerie, gelaterie e negozi di abbigliamento, sono fallite. In viale Partenope, ad esempio, la situazione ora sta lentamente tornando alla normalità, ma nessuno ha mai risarcito quei commercianti che si sono visti portate via, insieme alla polvere dei cantieri, l'attività di una vita. «Stavamo morendo lentamente», ricorda Andrea Amarilli, presidente dell'associazione commercianti di Villa Gordiani. «Qui c'erano talmente tante attività che sembrava di essere in un centro commerciale all'aperto. La metro doveva essere un'opportunità, invece si è trasformata nella nostra carnefice. Il cantiere doveva durare 4 anni, ce ne sono voluti 7». Al Pigneto il muro giallo c'è ancora, e ormai le attività sul lato della biblioteca, che sopravvivono solo grazie alla «movida» che si è sviluppata sull'altro lato della ferrovia e che riesce a dare un po' di sostegno a un quartiere colpito al cuore dal cantiere della metro. A San Giovanni la situazione più difficile: una volta via La Spezia e Largo Brindisi erano strade dello shopping. Oggi sono in crisi perfino le edicole. Un anno fa, proprio in estate, fu chiesta una Commissione ad hoc in Parlamento per stimare i danni subiti dai commercianti del quartiere, seguita da una pioggia di dichiarazioni favorevoli ai risarcimenti. Ma quella commissione non si è mai aperta e gli imprenditori non hanno visto l'ombra di un centesimo.   FREGATURE IMMOBILIARI I romani che hanno deciso di trasferirsi nella periferia est della Capitale, in quartieri come l'Alessandrino, Torre Angela, Giardinetti o Borghesiana che la metro C prima o poi attraverserà, erano convinti che quell'investimento avrebbe dato, a breve giro, dei frutti, che quelle zone borderline, dove già i problemi sono tanti, sarebbero rinate grazie alle nuove stazioni. Su quel tratto di via Casilina, fra il 2007 e il 2011, appartamenti di 80 mq (da ristrutturare) sono arrivati a costare 400mila euro. Tuttora, con i prezzi di mercato scesi vertiginosamente, a piazza Malatesta (Tor Pignattara) per un immobile di 100 mq si può arrivare a sborsare mezzo milione di euro. L'11 ottobre il primo treno driveless (senza macchinista) dovrebbe partire alle 5.30 da Montecompatri ma non andrà oltre la stazione di Centocelle, dopo aver superato per qualche decina di metri viale Palmiro Togliatti. «Io lavoro a piazza Mazzini - racconta Rosaria - e ho preso casa all'Alessandrino, anche con il miraggio della Metro C. Al momento non si può dire che il mio investimento sia stato indovinato. Ma chissà, ho appena 35 anni e quasi altrettanti di mutuo: prima o poi dovranno finirla questa benedetta metropolitana, no?».   TRAFFICO SEMPRE PIÙ IN TILT La pazienza di residenti e commercianti è anche quella degli automobilisti. Dopo i primi mesi passati a fare gimkane tra nuove direzioni di marcia e cantieri che spuntavano come funghi da Pantano a San Giovanni, alla fine si sono dovuti arrendere ai restringimenti, agli imbottigliamenti, alle lunghe code e al passo d'uomo. Da giugno 2008 il traffico paralizza la Casilina all'altezza di via Walter Tobagi (Tor Tre Teste), creando code che di mattina possono arrivare fino a Tor Bella Monaca. Così nel popoloso quartiere di Centocelle, dove a volte bus e camion non riescono neppure a girare. Andando verso il centro, è eloquente il caso di via La Spezia: arrivando da piazza Lodi, o si gira subito a destra verso la Tangenziale Est, oppure la multa è assicurata, e la mattina le auto fanno a gara per passare sotto l'arco che conduce verso il Pigneto. Per non parlare di via Sannio e via Farsalo, dove da tempo il rischio di finire in un vicolo cieco è sempre dietro l'angolo, cosa che non aiuta certo a smaltire gli ingorghi sistematici di via Magna Grecia.   DANNI COLLATERALI Poi ci sono i danni alle infrastrutture. Come quelli provocati in via delle Tuberose, attraversata da migliaia di mezzi pesanti diretti ai cantieri della stazione Centocelle/Togliatti. Due anni fa il manto di quella strada cedette, le tubature delle fogne scoppiarono e una fuoriuscita di liquami invase la sede stradale obbligando i residenti a girare per giorni con un fazzoletto al naso, mentre i vigili urbani ordinarono loro, inspiegabilmente, di riparare il danno. Una spesa di 20mila euro che non è mai stata risarcita. A nulla è servito l'interessamento dell'ex Municipio VII (oggi V), né l'apertura di una commissione speciale d'inchiesta: il contenzioso è ancora aperto, e chissà quando verrà chiuso. Di sicuro, non prima del 2024, la data ipotizzata per la fine dei cantieri della Metro C. Nel frattempo, se l'11 ottobre dovesse aprire il primo tratto, ai romani di Centocelle farà sicuramente piacere sapere che il ridente comune di Montecompatri, almeno per loro, sarà a un tiro di schioppo.

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