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Sfida virale o controllo di massa? Psicosi #10YearChallenge

Bomba di Wired: "E se il meme servisse per il riconoscimento facciale?". Facebook smentisce (ma mette in guardia gli utenti)

Davide Di Santo
Davide Di Santo

Professionista dal 2010, bassista dal 1993, padre di gemelli dal 2017. Su Tecnocrazia scrivo di digitale e tecnologia

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Francesco Totti partecipa alla #10YearChallenge Foto: Francesco Totti partecipa alla #10YearChallenge
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A gettare il macigno nello stagno già torbido della Silicon Valley è stata la giornalista di Wired Kete O'Neill: e se la 10YearChallenge non fosse un meme nato spontaneamente tra gli utenti di Facebook ma una colossale raccolta di dati per sviluppare le tecnologie di riconoscimento facciale? Sì, è quel giochino virale e popolarissimo che da qualche tempo ha invaso le nostre bacheche di Facebook. La sfida è pubblicare una foto di sé attuale e compararla con una di dieci anni fa. L'effetto Fabris ("Guarda come eri, e guarda come sei diventato!", come in Compagni di scuola di Carlo Verdone...) è dietro l'angolo ma non potrebbe essere l'unico effetto indesiderato. La tesi della O'Neill, condivisa da molti utenti, è che attraverso il meme qualcuno - l'indiziato numero uno è, naturalemente,  Facebook stesso - abbia organizzato una raccolta di immagini per sviluppare tecnologie di riconoscimento facciale, in questo caso finalizzate a capire  come cambi un volto nell'arco di dieci anni. Timore giustificato dai vari scandali come Cambridge Analytica o paranoia al limite del complottismo? Facebook si è trovato costretto a chiarire: #10YearChallenge è "un meme creato dagli utenti e che è diventato virale in modo spontaneo. Non abbiamo iniziato noi questo trend, in cui vengono utilizzate foto già esistenti sulla piattaforma, e non guadagniamo nulla da questo meme (se non ricordarci quanto fosse discutibile la moda nel 2009). Per inciso, gli utenti di Facebook possono, in qualsiasi momento, scegliere se attivare o disattivare il riconoscimento facciale", ha commentato un portavoce del social network di Mark Zuckerberg con una a Wired.  Un aspetto in particolare pesa in favore dell'estraneità di Facebook nel presunto esperimento di monitoraggio di massa. Ovvero il fatto che il social network è già in possesso di quelle foto, pubblicate volontariamente dall'utente, e sa con esattezza a quando risalgono. Perché chiedere in modo così plateale informazioni che già si hanno sui propri server, e in più "cedute" bdi propria iniziativa dagli utenti? Il dubbio che a giovare della campagna virale possano esserci altre realtà a caccia di database su cui lavorare, comunque, sussiste. Il secondo aspetto che emerge dalla "difesa" di Facebook suona come un consiglio, o come un avvertimento: "Gli utenti di Facebook possono, in qualsiasi momento, scegliere se attivare o disattivare il riconoscimento facciale". Provate a controllare, tra le impostazioni di Facebook, se per il vostro account la "spunta" è attiva o no. E poi fate la vostra scelta.

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