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Giallo sul Covid del Torino, la Lazio va al contrattacco

Decisioni della Asl piemontese prima postdatate e, alla fine, retrodatate secondo le esigenze del club granata

Luigi salomone
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Il giudice sportivo aspetta, nel frattempo i presidenti di Lazio e Torino, Claudio Lotito e Urbano Cairo, affilano le armi in vista del duello in tribunale. Gli avvocati studiano le carte dopo che martedì alle 18.30 la squadra granata non si è presentata all’Olimpico per il regolare svolgimento della sfida di campionato prevista dal calendario. La battaglia si annuncia lunga con il precedente Juve-Napoli a confortare il patron del Toro dopo le dichiarazioni del presidente della Figc, Gravina che anche ieri ha ribadito: «Io il protocollo lo difendo - ha sottolineato il numero uno di via Allegri - nel protocollo c’è scritto in maniera chiara salvo quanto disposto dall’Autorità Sanitaria quindi è un protocollo valido, ma dobbiamo trovare armonia all’interno delle Asl su territorio nazionale». Tutto giusto, c’è la prevalenza delle Asl ma, secondo la Lazio, ci sarebbero delle incongruenze evidenti negli atti della Asl piemontese. In ogni caso, il protocollo è stato reso inutile dal Torino con le altre squadre di serie A che finora sono state costrette a giocare partite anche con molti casi di Covid proprio perché l’obiettivo della Federcalcio era quello di portare a termine il torneo, seppure tra mille difficoltà. Ora tutto torna in gioco con la presa di posizione del Torino e i tre gradi di giudizio della giustizia sportiva che rischia di far andare fuori tempo massimo la data del recupero: il campionato che finirà il 23 maggio e i precedenti non incoraggiano (di solito 3-4 mesi).
Oltretutto, secondo gli avvocati biancocelesti il caso Lazio-Torino non presenta alcuna simmetria con il caso Napoli-Juve. Lo si desume da una semplice e serena lettura dei documenti depositati dal Torino calcio che lasciano più di qualche dubbio sulla tempistica. 
Andiamo con ordine facendo una ricostruzione degli atti della Asl. Il 23 febbraio la Asl di Torino (visti i numerosi tamponi positivi) dispone la quarantena e il divieto assoluto di allontanamento dal domicilio per tutti i componenti del gruppo squadra del Torino ancora negativi. Dunque, facciamo il conto: 23, 24, 25, 26, 27, 28 febbraio e 1 marzo sono sette giorni. Quarantena e isolamento scadevano quindi il 1 marzo alla mezzanotte giusto in tempo per partire per Roma e scendere in campo con i giocatori rimasti più i Primavera come accaduto ad altri club. Se non fosse che già il 28 febbraio, senza alcuna preventiva autorizzazione, i giocatori del Torino avevano abbandonato quarantena e isolamento che sarebbe scaduto il primo marzo per eseguire allenamenti individuali (presso il proprio centro sportivo). Poi, il giorno dopo, ossia il 1 marzo, la Asl ne prende atto e autorizza, a posteriori, in modo retroattivo, quegli allenamenti. Intanto il presidente della Lega Dal Pino fa presente che quarantena e isolamento sono scaduti il 1 marzo. Il Torino a questo punto si rivolge nuovamente alla Asl e questa, con un secondo provvedimento in quella stessa data, afferma che la quarantena disposta in data 23 febbraio decorreva soltanto dal 24 febbraio. Nessuna persona di buon senso (e certamente non un’autorità preposta alla tutela della salute pubblica) si sarebbe mai avventurata in una simile affermazione. Infatti, sostenere che esiste un grave rischio di contagio (e quindi un potenziale pregiudizio per la salute anche collettiva) vuol dire che quarantena e isolamento vanno immediatamente osservati e non, al contrario, che per tutta la giornata del 23 febbraio i giocatori del Torino potessero circolare liberamente per le strade della città, allora in zona gialla. Un errore clamoroso che fa riflettere.
Quindi, la causa di forza maggiore invocata dal Torino non esisterebbe perché la quarantena scadeva il 1 marzo e il 1 marzo, con un abnorme ed illogico provvedimento, il responsabile della Asl di Torino non poteva in sostanza dire che chi era in uno stato di pericolo per sé e per la salute degli altri era libero di fare ciò che volesse per tutto il giorno 23 e fosse chiamato ad effettuare quarantena e isolamento soltanto a partire dal giorno dopo. Questo è esattamente quello che si legge nei documenti depositati dal Torino contenenti la richiesta di non vedersi comminare il 3-0 a tavolino per non essersi presentati a disputare la partita contro la Lazio a Roma.
Insomma non si vedono le cause di forza maggiore che abbiano impedito al Torino di recarsi nella Capitale per disputare l’incontro. Per il club biancoceleste ci sarebbe una chiara violazione delle norme federali con particolare riferimento all’articolo che richiama ai principi di lealtà e probità, norma basilare dell’ordinamento giuridico sportivo. 
Nelle prossime ore è atteso il primo pronunciamento del giudice sportivo: due le strade, quella di dare il 3-0 alla Lazio con lo scontato ricorso del Torino che spera di ottenere la disputa della partita in un’altra data prima della fine del campionato. Se, invece, come detto dal presidente Gravina con un’evidente intromissione nella giustizia sportiva (di fatto ha annunciato in anticipo la sentenza), non fosse assegnato il 3-0, sarebbe Lotito a pretendere i tre gradi di giudizio. La battaglia di carte bollate è appena cominciata, in mezzo il comportamento perlomeno discutibile della Asl di Torino.
 

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