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Carlo Gugliotta L'attesa è ormai giunta al termine.

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Nellanotte italiana di lunedì è stata registrata la trasmissione televisiva nella quale il texano avrebbe confessato di essersi dopato, anche se la grande attesa è stata smorzata dalle parole della conduttrice Oprah Winfrey, che parlando dell'intervista ha sottolineato: «Armstrong ha confessato, ma non fino al punto che mi sarei aspettata. Lascio ad altri giudicare se era pentito, ma sicuramente era serio e per lui l'intera intervista è stata difficile». L'unica sicurezza è che le sue dichiarazioni sono state molte, quindi l'intervista andrà in onda in due puntate. La storia di Lance Armstrong è una vera e propria parabola: nato ad Austin, si mette in mostra agli occhi del mondo intero per la prima volta nel 1993, quando vince il campionato del mondo su strada. Due anni dopo l'americano entrò nel cuore di molti italiani per aver dedicato la vittoria di una tappa al Tour al suo compagno di squadra della Motorola Fabio Casartelli, campione olimpico scomparso in seguito a una caduta. Nel 1996 la vita di Armstrong è a un bivio: colui che viene considerato un buon atleta per le corse di un giorno viene infatti colpito da un cancro ai testicoli. Ci vogliono due anni per riuscire a debellarlo, ma questa importante vittoria convince il texano a tornare alle corse, trasformandosi in un uomo da grandi giri: la vittoria al Giro del Lussemburgo e il quarto posto alla Vuelta del 1998 lo convincono a puntare tutto sul Tour de France, ed è così che dal 1999 al 2005 scrive per sette volte consecutive il suo nome nell'albo d'oro della corsa a tappe più importante del mondo. Chiude la carriera da imbattuto, tornando nel 2009, anno che lo ha visto salire sul gradino più basso del podio della Grand Boucle. Ad agosto del 2012 qualcosa cambia: l'americano rinuncia a difendersi dalle accuse mosse da quello che era uno dei suoi uomini di fiducia, Tyler Hamilton, il quale ha scritto nel suo libro che tutta la loro squadra, la Us Postal, si sottoponeva continuamente a pratiche illecite. L'Usada, l'agenzia antidoping statunitense, redige un dossier di più di mille pagine nel quale vengono raccolte tutte le testimonianze contro l'americano e decide di squalificarlo a vita, togliendogli tutti i risultati conquistati dal 1998 ad oggi, quindi anche i sette Tour. La squalifica e la cancellazione dei titoli viene confermata a ottobre anche dall'Unione Ciclistica Internazionale, che tramite il presidente Pat McQuaid dichiara che «non c'è più posto per Armstrong nel ciclismo». Adesso però la confessione del texano potrebbe diventare un vero e proprio boomerang per il massimo organo del ciclismo mondiale: secondo i giornali americani, infatti, l'ex corridore, oltre ad aver confessato di essersi dopato sin da prima ancora di essere colpito dalla malattia, avrebbe parlato anche dell'Uci e dei rapporti privilegiati che aveva con i suoi dirigenti; non a caso fa ancora discutere la donazione di 100mila dollari versata dall'americano nelle casse dell'Unione Ciclistica Internazionale nel 2002. Segno che tra Armstrong e l'Uci c'era un rapporto confidenziale che ha spinto il massimo organo internazionale a coprire le sue pratiche illecite? Intanto la Wada lo avverte: «Quando il signor Armstrong - spiega David Howman, direttore generale dell'agenzia antidoping - renderà una piena confessione sotto giuramento, dicendo alle autorità tutto quello che sa sulle pratiche dopanti, solo a quel punto potrà aprirsi l'iter legale per la riapertura del fascicolo o la rivalutazione della squalifica a vita».

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