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Matteo De Santis C'è scritto Portogallo-Spagna, ma si legge anche Real Madrid-Barcellona.

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Chesia un «Clàsico» vero e proprio, valido per una Liga, una Coppa del Re, una Supercoppa, una Champions o anche un torneo del bar, o cammuffato da altro si ritorna sempre lì: Real o Barça? Un pò come la perenne diatriba se è meglio Maradona o Pelè, se erano più bravi i Beatles o i Rolling Stones o se siano più belle le bionde o le more. Certo, una semifinale del genere, che per motivi storici e geografici ha anche il sapore del derby, è anche tante altre cose, ma non succulenti come l'ennesimo incontro ravvicinato tra la filosofia madridista, impersonificata dal Portogallo, e quella barcelonista, sbandierata dalla Spagna in cerca di uno storico «triplete» (Europeo 2008, Mondiale 2010 e Europeo 2012). Il motivo di tutto questo, in fondo, sta nei fenomenali attori protagonisti: Cristiano Ronaldo da una parte, Xavi, Iniesta, Busquets e/o Fabregas dall'altra. Poco importa se nella Spagna ci sono anche dei madridisti di ferro come Casillas, Sergio Ramos e Xabi Alonso, la truppa di Vicente Del Bosque ha scelto il «tiki-taka» guardiolano come stile di vita e quella di Paulo Bento s'è ritrovata il CR7. Persino le calienti lamentele portoghesi per la designazione del turco Cakir e per la pessima diplomazia di un Platini (ribattezzato «lo spagnolo più pericoloso») che non ha fatto di mistero di augurarsi una finale Spagna-Germania non hanno distolto l'attenzione dell'intero mondo pallonaro sulla componenente Real-Barça della seminfinale. 14 giocatori in ballo, 8 del Real, 6 del Barça, 11 spagnoli e 3 «ascari» portoghesi. «Sarà la partita più importante della nostra vita», ha sentenziato Del Bosque nella conferenza stampa della vigilia. Una sorta di guerra santa dello stile calcistico. «Abbiamo passato tutta la vita a inseguire e a cercare un modello di gioco - ha spiegato il ct spagnolo - e ora che lo abbiamo trovato ci piace, ci ha fatto vincere e non vogliamo cambiarlo. Come fermeremo Cristiano Ronaldo? Ci siamo riusciti due anni fa al Mondiale, con un sistema di marcatura fatto di aiuti permanenti, e ci riproveremo anche stavolta. Magari lo faremo con altri uomini, ma l'idea di base sarà la stessa». Anche Iniesta, difendendo la Roja da chi la ritiene ormai prevedibile, ha detto più o meno le stesse cose: «Capisco e rispetto tutti i punti di vista ma è innegabile che la nostra maniera di giocare ha cambiato la storia della Spagna». Paulo Bento, invece, ha preferito buttarla sull' arbitro: «Quello che è successo nelle partite precedenti di Spagna e Germania può far pensare che esistono i condizionamenti, spero solo che stavolta nessuno si senta sotto pressione. Sono sicuro che in alcuni momenti della gara domineremo ma che sapremo anche resistere quando non avremo il pallone perché vogliamo la finale». Siamo sicuri che il discorsetto non glielo abbia scritto Mourinho?

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