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C'eravamo tanto amati

montella

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Passato, presente, futuro (chissà...) e coincidenze. Merito delle stranezze del calendario e del destino. La storia del ritorno all'Olimpico, da allenatore avversario, di Vincenzo Montella e di questo Roma-Catania non può non partire da un fatto strano. Da un altro Catania-Roma, giocato 356 giorni prima di quello di domani sera e sempre alla penultima giornata di campionato. Allora sulla panchina di una Roma, un po' come ora, alla disperata ricerca di punti per l'Europa c'era Montella e su quella del Catania era seduto Diego Pablo Simeone, diventato sei mesi più tardi allenatore di quell'Atletico Madrid che aveva messo gli occhi su Luis Enrique molto prima che venisse segnalato a Franco Baldini. La partità finì 2-1 in rimonta per gli etnei (reti di Loria, Bergessio e Gomez) e segnò i destini di quella e di questa Roma. Quel non proprio clamoroso ko al Cibali fu una sorta di prima pietra per la costruzione, nel bene e nel male, della Roma di adesso. Le conseguenze furono soprattutto due: l'addio nelle teste di Baldini e Sabatini all'idea di poter lasciare Montella in panchina e la convinzione che a prendere il suo posto doveva essere un tecnico nuovo con idee nuove per dare un segnale di discontinuità. Come andò a finire è arcinoto: la scelta, frutto di un'infatuazione baldiniana, e lo sbarco a Roma di Luis Enrique e il trasloco proprio sotto l'Etna di Vincenzino. «Se fossi stato eliminato dall'Europa League al preliminare e avessi fatto due punti in altrettante partite in campionato - disse Montella, togliendosi qualche sassolino dalle scarpe, a ottobre - probabilmente mi avrebbero rimandato a fare il commentatore televisivo». Da quel momento in poi, ad onor del vero, le parole dell'Aeroplanino per il collega asturiano sono sempre state dolci come il miele. «Stimo molto Luis Enrique e sono convinto che alla fine la sua coerenza lo ripagherà», le ultime sull'argomento datate neanche una settimana fa. Domani, però, sarà più una serata di sentimenti che di parole. Il ritorno a casa dell'Aeroplanino non può passare inosservato, lasciare indifferenti e muovere le coscienze. Il passato, in fondo, non si può dimenticare: dieci anni, intervallati da sei mesi in prestito al Fulham e un anno alla Samp, con la maglia della Roma, uno sulla panchina dei Giovanissimi e quattro mesi su quella della prima squadra. 102 reti segnate: 8 alla Lazio, 4 in un solo derby e l'impronta indelebile sul secondo scudetto con i gol fondamentali contro Inter, Juventus, Atalanta, Milan e Parma. Uno scudetto, una Supercoppa e tante altre cose impossibili da dimenticare. «All'Olimpico mi emozionerò», disse Vincenzino anticipando i tempi prima dell'andata. Succederà domani, quando l'Aeroplanino atterrerà sulla panchina della squadra ospite accanto a due altri prodotti di Trigoria come l'allenatore in seconda Daniele Russo e il preparatore atletico Emanuele Marra. Poi, se Luis Enrique dirà davvero «Adios» alla Roma, chissà.

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